mercoledì 8 dicembre 2010

Differenze tra concorso eventuale nel reato plurisoggettivo e concorso necessario

Cari Amici,
a pochi giorni dall'esame mi trovo a riflettere sul seguente problema.
Qual è la sfumatura che distingue un'ipotesi di concorso eventuale di persona nel reato plurisoggettivo dall'ipotesi di concorso necessario??
Prendiamo come esempio la fattispecie della violenza sessuale di gruppo ex 609octies c.p. rispetto al 609bis c.p.
In merito, giurisprudenza del 2010 ha stabilito che per aversi violenza sessuale di gruppo non è necessario che il correo partecipi al piacere carnale, essendo sufficiente la sua presenza nel locus commissi delicti attraverso un mera attività ad adiuvandum in favore dell'autore del reato (si alludeva in particolare all'amico dell'autore che riprendeva con il telefonino lo stupro, essendo sopraggiunto per caso nel luogo della violenza) (Cass. 11560/2010).
D'altro canto, giurisprudenza del 2009 sottolineava che il concorso di persone eventuale nel reato di cui al 609bis poteva aversi solo con un apporto morale, e non materiale, del correo (nel caso di specie, il tipo faceva da palo). (anche se a me, il palo, più che un apporto morale, mi pare offra un apporto materiale, tale da essere definito ausiliatore o complice)
Ora, se indaghiamo l'elemento soggettivo, io non riesco a vedere il discrimen rispetto al caso concreto: mi pare, cioè, che colui il quale riprende col cell dia invero un apporto morale e, pertanto, dovrebbe sottostare all'ipotesi di concorso eventuale e non di concorso necessario.
In merito, sibillina si rivela la recente sentenza Cass. 15619/2010, recitando che "la commissione di atti di violenza sessuale di gruppo si distingue dal concorso di persone nel reato di violenza sessuale perchè non è sufficiente, ai fini della sua configurabilità, l'accordo della volontà dei compartecipi, ma è necessaria la simultanea, effettiva presenza dei correi nel luogo e al momento della consumazione del reato, in un rapporto causale inequivocabile". Non capisco il senso della sentenza.... mi pareva, anzi, che per aversi concorso eventuale non fosse necessario il previo accordo dei compartecipi. Inoltre, con riferimento alla relatività del concetto di luogo, considerando il precendente citato, forse che il palo non si trovava nel medesimo locus al momento dela consumazione?
Boh, non ho proprio capito la dfferenza.
In bocca al lupo a tutti.
Diego

mercoledì 17 novembre 2010

Usucapione abbreviata in virtù della donazione di un bene altrui e l'azione di reintegrazione del detentore qualificato

Cari Amici,

mi stravio dallo studio e vi scrivo il seguente caso.

Nel 1995, Caia dona alla figlia Tizia un terreno agricolo. Tizia, da sempre dotata di pollice verde, inizia a coltivare il fondo e dimora abitualmente presso la fattoria ivi sita che, inoltre, restaura a proprie spese. Nel 2009, Tizia, causa l'avanzata senilità e la diagnosi di un male incurabile, decide di ritirarsi in città per trascorrere i suoi ultimi giorni. Affitta quindi il fondo al suo caro amico Poldo, affinché questi lo coltivi a suo piacimento e ne tragga i frutti. Di tale operazione, peraltro, non esiste traccia alcuna essendo il tutto avvenuto previo consenso verbale. Poldo comincia quindi un'attività di viticoltura, contabilmente documentabile. Tizia, inoltre, per seguire la tradizione di famiglia, redige un atto di donazione del fondo a Sempronia, una delle sue tre figlie. Una clausola prevede che il godimento del fondo decorrerà a favore di Sempronia dalla data della notifica a Tizia ovvero ai suoi eredi dell'accettazione della donazione.

Nel 2010, Mevio comunica a Tizia di essere lui il vero proprietario del bene; contestualmente, per impedire l'accesso a Poldo, provvede a recintare con filo spinato il fondo agricolo e vi installa un cancello con lucchetto. Tizia, a seguito di indagini, scopre che il fondo a lei donato risultava effettivamente di proprietà di Mevio; tale circostanza, peraltro, non era da lei facilmente conoscibile al momento della donazione.

Cosa potrà fare Tizia? Cosa potrà fare Poldo? Cosa potrà fare Sempronia?

  1. La donazione di beni altrui e l'usucapione abbreviata.

La donazione di beni altrui è fattispecie non codificata dall'ordinamento. Tuttavia, è possibile interpretare estensivamente l'ipotesi di cui all'art. 771 c.c. concernente la donazione di beni futuri. Tale previsione, infatti, stabilisce che la donazione non può comprendere che i beni presenti nella disponibilità patrimoniale del donante. E' invece nulla se comprende beni futuri.

Ciò premesso, l'art. 1159 c.c. disciplina l'ipotesi di usucapione abbreviata stabilendo che questa si compie decorsi 10 anni dall'acquisto del possesso in buona fede a non domino, ove l'acquisto sia avvenuto in forza di titolo idoneo al trasferimento del diritto e debitamente trascritto.

Resta quindi da chiarire se la donazione di beni altrui costituisca “titolo idoneo” al trasferimento del diritto.

Cass. 10356/2009: la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell'art. 771 c.c., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 c.c., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell'esistenza di un titolo che legittimi l'acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

(si veda anche, però, Cass. 1596/2001: la donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c.).

Alla luce di tale elaborazione giurisprudenziale, attesa la buona fede di Tizia nel ricevimento del terreno, considerato il protrarsi del possesso in modo continuato, ininterrotto, pacifico e pubblico per oltre un decennio, appurato che la donazione è stata debitamente trascritta, l'usucapione abbreviata deve ritenersi perfezionata in favore di Tizia.

  1. La tutela di Poldo

Poldo, nella qualità di affittuario del terreno, pur in assenza di un contratto scritto, risulta comunque detentore qualificato del fondo agricolo. E' legittimato, pertanto, all'esercizio dell'azione di reintegrazione di cui all'art. 1168 c.c.

Cass. 12751/2008: in tema di spoglio violento e clandestino, il detentore che agisce, ex art. 1168, comma secondo, c.c., per la reintegra, può fornire prova del titolo anche presunzioni, non essendo in discussione la validità e gli effetti del vincolo che giustifica la detenzione qualificata ma esclusivamente il fatto storico dell'esistenza del corrispondente potere di fatto sulla cosa.

Nel caso di specie, Poldo può provare l'esistenza dell'attività di viticoltura attraverso la relativa documentazione contabile.

Cass. 13270/2009: in tema di possesso, è passibile di azione di reintegrazione ex art. 1168 colui che, consapevole di un possesso in atto da un altro soggetto, anche se ritenuto indebito, sovverta clandestinamente o violentemente, a proprio vantaggio, la signoria di fatto sul bene nel convincimento di operare nell'esercizio di un proprio diritto reale, essendo, in tal caso, l'animus spoliandi in re ipsa, e non potendo legittimamente invocarsi il principio di autotutela che opera solo in continenti, vale a dire nell'immediatezza di un subito e illegittimo attacco al proprio possesso.

  1. L'interesse di Sempronia

Sempronia è giovane ed inesperta. La madre Tizia, invece, ha un piede nella fossa. Un buon avvocato dovrebbe sicuramente consigliarle di affrettarsi a notificare a Tizia l'accettazione della donazione.

Cass. 10734/2010: la previsione, contenuta nell'atto con il quale il donante dispone di un bene, che l'accettazione da parte del donatario possa avvenire dopo la morte del disponente, non vale a consentire che la donazione si perfezioni dopo il decesso di costui, poiché in tale ipotesi, ove non sia ancora avvenuta la notifica dell'accettazione, non può aver luogo l'incontro delle volontà mediante il quale si realizza il perfezionamento dell'atto.
spero sia tutto giusto!
a presto
diego


lunedì 15 novembre 2010

Responabilità medica e gravi malformazioni del neonato

Cari Amici,

incoraggiato dal sollecito di Sabrina, Vi posto una complessa questioncina che raccoglie molteplici profili di riflessione e trova soluzione in almeno quattro/cinque sentenze fresche fresche.

I coniugi Caia e Tizio si recano presso Sempronio, il medico ginecologo di fiducia di Caia, per esperire un tentativo di fecondazione assistita. A tal fine, il medico suggerisce ai coniugi di recarsi presso la struttura ospedaliera Alfa, struttura da Sempronio utilizzata episodicamente per interventi. A seguito di alcune visite effettuate da Sempronio presso l'ospedale Alfa, Sempronio prescrive a Caia una terapia farmacologica; questa accetta senza peraltro essere edotta circa i particolari della cura prescritta. Caia rimane incinta. Seguono alcune visite di controllo ed ecografie, svolte da Sempronio con l'utilizzo del personale medico dell'ospedale Alfa, dalle quali non emergono anomalie. Al momento del parto, dopo un ricovero di Caia di una settimana presso Alfa, nasce un figlio focomelico. Successivamente, dalle indagini effettuate dai coniugi, si scopre che esisteva vasta letteratura medica che descriveva accuratamente gli effetti indesiderati che i farmaci somministrati a Caia potevano causare al concepito.

La fattispecie in esame presta il fianco ad innumerevoli considerazioni in ordine alla responsabilità dell'ente ospedaliero e ai rimedi esperibili da Caia. Meritano approfondimento, inoltre, i diritti che sorgono in capo al padre e la soggettività giuridica del nascituro.


1) Responsabilità dell'ente ospedaliero.

Cass. 18805/2009: ove l'istituto ospedaliero autorizzi un chirurgo o un medico ad operare al suo interno, mettendogli a disposizione le sue attrezzature e la sua organizzazione, e con esso cooperi, concludendo con il paziente un contratto di degenza e le prestazioni accessorie, esso viene ad assumere contrattualmente rispetto al paziente la posizione e le responsabilità tipiche dell'impresa erogatrice del complesso di prestazioni sanitarie. A nulla rileva che il paziente sia pervenuto all'ospedale attraverso il medico e per sua indicazione e, invero, il medico non avrebbe potuto operare se non nell'ambito dell'organizzazione ospedaliera. Accettandone l'attività, la casa di cura ha assunto le conseguenze della responsabilità.


2) Responsabilità professionale per mancata informazione.

Cass. 2847/2010: l'intervento del medico, anche in funzione diagnostica, dà comunque luogo all'instaurazione di un rapporto di tipo contrattuale. Ne consegue che, effettuata la diagnosi in esecuzione del contratto, l'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia costituisce un'obbligazione il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l'altra affermi inadempiente e, dunque, dal medico a fronte dell'allegazione dell'inadempimento da parte del paziente. L'omessa informazione viola il diritto all'autodeterminazione del paziente. Tale diritto rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell'individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi, che si sostanzia non solo nella facoltà di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma altresì di eventualmente rifiutare la terapia e decidere consapevolmente di interromperla. Secondo la definizione della Corte Costituzionale (sent. 438/2008), il consenso informato si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi negli artt. 2, 13 e 32 Cost. Ne deriva che la mancanza di consenso può assumere rilievo ai fini risarcitori quante volte siano configurabili conseguenze pregiudizievoli che siano derivate dalla violazione del diritto fondamentale di autodeterminazione in se stesso considerato.


3) Responsabilità del medico nell'esercizio della professione.

La diligenza qualificata del medico deve valutarsi secondo il combinato disposto dell'art. 1176, comma secondo, c.c e 2236 c.c., atteso che il medico è un prestatore d'opera intellettuale.

L'esistenza di “vasta letteratura” che illustrava le conseguenze della terapia ci porta ad escludere che la prestazione del medico coinvolgesse problematiche tecniche di particolare complessità.

Cass. 20806/2009: se la prestazione professionale è di routine spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze sono state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale, o da imperizia, o da inesperienza o inabilità, dimostrando invece che sono sorte a causa di un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento.


4) Mancata interruzione della gravidanza.

Cass. 13/2010: l'omessa rilevazione, da parte del medico specialista, della presenza di gravi malformazioni nel feto, e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante, deve ritenersi circostanza idonea a porsi in rapporto di causalità con il mancato esercizio, da parte della donna, della facoltà di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi rispondente ad un criterio di regolarità causale che la donna, ove adeguatamente e tempestivamente indormata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalità del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza.

Cass. 2354/2010: per stabilire se i danni risarcibili sono conseguenza dell'inadempimento all'obbligo della completa informazione da parte del medico, è necessario che il giudice del merito accerti ex ante se la conoscibilità delle rilevanti anomalie e malformazioni del feto avrebbe determinato un grave pericolo della lesione del diritto alla salute della madre, avuto riguardo alle condizioni concrete fisiopsichiche patologiche della stessa, così da determinare i presupposti per attuare la tutela di tale interesse consentendo alla madre di interrompere la gravidanza. Solo nella concomitanza di tali condizioni possono essere risarciti i danni ingiusti che sono derivati, in termini di causalità adeguata, dalla lesione degli interessi tutelati dalla legge sull'interruzione volontaria della gravidanza.


5) Diritti del padre.

Cass. 13/2010: trattasi di contratto di prestazione d'opera professionale con effetti protettivi anche nei confronti del padre del concepito che, per effetto dell'attività professionale del ginecologo diventa o non diventa padre (o diventa padre di un bambino anormale). Il danno provocato da inadempimento del sanitario costituisce conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale, è risarcibile ex art. 1223 c.c.

Cass. 2354/2010: Al padre, terzo del contratto intercorso tra la madre del figlio gravemente malformato ed il medico, ma obbligato alla pari di essa nei confronti del figlio, sono direttamente risarcibili i danni provocati dall'inadempimento del medico all'obbligo di informare la madre sullo stato di salute del feto e di individuare e suggerire tutti gli strumenti diagnostici idonei a tal fine.


6) Soggettività giuridica del nascituro.

Cass. 10741/2009: per soggettività giuridica del nascituro deve intendersi una nozione più ampia di quella di capacità giuridica della persona fisica, acquistabile con la nascita ex art. 1 c.c.

Il nascituro risulta comunque dotato di autonoma soggettività giuridica perchè titolare di alcuni interessi personali in via diretta, quali il diritto alla vita, alla salute, all'integrità psico-fisica, all'onore, alla reputazione, all'identità personale ecc. Rispetto a questi diritti, la nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori.


venerdì 22 ottobre 2010

Pignoramento presso terzi, bonifici e persistenza saldo negativo

Cari Amici,

stamane mi sono trovato a discutere una faccenda piuttosto singolare.

Ho sottoposto a pignoramento i conti correnti di un debitore della mia assistita.

La banca asserisce che vi siano 3 conti correnti e che su uno di essi, in data successiva al pignoramento, siano pervenuti € 100.000,00 di bonifici effettuati da soggetti terzi.
Asserisce tuttavia che detto conto presenta saldo tutt'ora negativo e che quindi i bonifici, che hanno colmato parte dell'esposizione, non sarebbero assoggettabili al vincolo pignoratizio.
Eccepisce inoltre che detti pagamenti sono pagamenti di crediti ceduti dal correntista alla banca con atto antecedente al pignoramento medesimo.

Ritengo io invece che i bonifici siano stati pignorati e ciò secondo il seguente ragionamento.
I bonifici sono somme provenienti al debitore da terzi, per il quale debitore la banca funge dapprima quale delegata all'incasso, poi come custode (per qualche attimo prima dell'accredito) e che solo in un secondo momento la banca "compensa" tramite annotazione nelle poste di conto.
Sulla scorta di ciò, avendo io pignorato anche le somme "detenute dalla banca" dovrei bloccare l'accredito prima che operi la compensazione. Non so se mi sono spiegato.

Quanto alla cessione del credito, eccepisco invece che mentre nella cessione la banca cessionaria indicava un conto specifico ove effettuare il pagamento, i debitore ceduto ha pagato invece presso il conto del cedente.
In pratica, ha pagato, ma ha pagato male.
La banca rimane debitrice e chi ha pagato per errore il cedente deve agire con l'indebito soggettivo.
Nel mentre però, l'accredito errato, resta pur sempre nella patrimonio del debitore pignorato e come tale viene bloccato.
Nè, per altro verso, può la banca farsi dare il denaro dal cedente, giacchè ciò costituirebbe atto di disposizione bloccato dal vincolo pignoratizio.


Non ho rinvenuto precedenti giurisprudenziali.
Spero qualcuno di voi abbia esperienza in merito.




lunedì 11 ottobre 2010

Esame di Stato '10 e ciclo di aggiornamento giurisprudenziale.

Gentili Amici e Colleghi NON Avvocati,
mi pare che il ciclo di aggiornamento giurisprudenziale non vi abbia entusiasmati.
Lo ammetto, in cor mio pensavo fosse pensiero geniale e gradito,
vicendevolmente scambiarsi le tracce dei corsi a prezzo gratuito
Purtroppo mi trovo a constatar che così non è stato
tutti leggon ma nessun apporta il suo intellettual substrato.
Mi son detto pertanto: “Per la chioma di Berenice,
il monologo non mi s’addice!”.
Atteso ciò, l’aggiornamento giurisprudenziale vilipeso
è per conto mio d’oggi in poi sospeso.
A presto e buon lavoro,
il Vostro amico d’oro.
Diego

giovedì 7 ottobre 2010

Il Foro competente per la domanda di risarcimento danni nei confronti di compagnia aerea straniera, derivante da inadempimento di contratto telematico

Cari Colleghi,
di seguito Vi propongo una questione delicata che mi accingo ad affrontare, caratterizzata da interessanti profili problematici e da rarissime elaborazioni giurispudenziali. (Inoltre, trattasi purtroppo di fattispecie assai diffusa che, sovente, si risolve a danno della parte debole).
Tizio compra un biglietto aereo con la compagnia Alfa Ltd - compagnia aerea di diritto inglese - per un viaggio da una città italiana ad una città estera. Lui arriva a destinazione. Il bagaglio no. Solo tre settimane dopo, il bagaglio viene rinvenuto presso l’aeroporto della città italiana di partenza. Tizio, che nel frattempo ha sopportato spese consistenti per rifarsi il guardaroba, decide di promuovere azione di risarcimento danni nei confronti della compagnia inglese.
La fattispecie in esame è disciplinata dalla Convenzione di Montreal 1999 sul trasporto aereo. In particolare, l’art. 19 ricorda che il vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci. Ex art. 22.2, nel trasporto di bagagli, la responsabilità del vettore in caso di perdita è limitata alla somma di 1000 diritti speciali di prelievo (come già saprete, il DSP è l’unità monetaria utilizzata dal Fondo Monetario Internazionale; 1000 DSP equivalgono circa a € 1100).
Ciò premesso, il punctum pruriens consiste nell’individuazione del foro competente, atteso che Tizio vuole radicare la causa in Italia.
L’art. 33 della Convenzione stabilisce che “l’azione per il risarcimento del danno è promossa, a scelta dell’attore, nel territorio di uno degli Stati Parti, o davanti al tribunale del domicilio del vettore o della sede principale della sua attività o del luogo in cui esso possiede un’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto, o davanti al tribunale del luogo di destinazione”. Esistono, quindi, 4 criteri di scelta per individuare la competenza territoriale.
Posto che Alfa Ltd è società con sede legale a Londra e, in Italia, esiste solo una sede secondaria con funzioni amministrative, mi domando se il “domicilio del vettore” possa identificarsi nella sede secondaria italiana. In merito, sono tendenzialmente scettico. E’ anche vero, però, che il legislatore ha posto, in via alternativa, il foro del “domicilio del vettore” e il foro della “sede principale della sua attività”, quasi volesse distinguere la sede legale da eventuali sedi secondarie..... tuttavia, resto dell’idea che il domicilio sia dove la persona giuridica decide di imputare il centro dei propri affari e, quindi, non può che identificarsi nella sede legale della compagnia inglese.
Osservando poi il terzo criterio di scelta, la questione si complica ulteriormente. Il contratto, infatti, è stato concluso mediante piattaforma telematica nel sito www.Alfa.com e il prezzo è stato versato con carta di credito.
Siamo quindi in presenza di un contratto telematico e, se ci si vuole avvalere dell 3° criterio disposto dall’art. 33 della Convenzione di Montreal, è utile individuare il luogo in cui il vettore possiede l’impresa che ha provveduto a stipulare il contratto (traduzione un po’ infelice di “where [the carrier] has a place of business through which the contract has been made”).
In merito, è interessante leggere il seguente scritto di CERUTTI (Il contratto telematico, p. 58-60, 2006) circa il luogo di conclusione del contratto telematico. “La determinazione del luogo di conclusione del contratto telematico presenta notevoli difficoltà riconducibili alla circostanza che internet ed il cyberspazio non sono luoghi fisici, bensì semplici mezzi di comunicazioni. La determinazione del luogo di conclusione, tuttavia, assume particolare rilievo per individuare quale sia la legge applicabile ovvero, in presenza di controversia, quale sia il giudice territorialmente competente a conoscerla. L’individuazione del luogo deve essere distinta a seconda che il contratto telematico sia stato perfezionato mediante la pressione del tasto negoziale virtuale (point and click) ovvero mediante l’invio di una email. Nel primo caso, la dottrina prevalente ritiene che il contratto concluso mediante la pressione del tasto negoziale virtuale debba ritenersi perfezionato nel luogo ove si trova il computer che ha ricevuto gli impulsi elettronici contenenti l’accettazione e, dunque, solitamente ove il prestatore dei servizi esercita effettivamente e stabilmente la sua attività economica (anche se non va dimenticato che talvolta tale computer può essere collocato presso una società terza (cd service provider) che, verso corrispettivo, gestisce ed ospita nei propri server i negozi virtuali altrui”. Ritenete condivisibile simile tesi?? Prendendo come vera questa posizione, Tizio sarebbe fregato perchè il 3° criterio dell’art. 33 finirebbe per individuare il foro inglese.
Inoltre, la dir. 2000/31/CE sul commercio elettronico, al 19° considerando, recita che “il luogo di stabilimento, per le società che forniscono servizi tramite internet, non è là dove si trova la tecnologia del supporto del sito né là dove esso è accessibile, bensì il luogo in cui tali società esercitano la loro attività economica. Se uno stesso prestatore ha più luoghi di stabilimento, è importante determinare da quale luogo di stabilimento è prestato il servizio in questione. Nel caso in cui sia difficile determinare da quale dei vari luoghi di stabilimento un determinato servizio è prestato, tale luogo è quello in cui il prestatore ha il centro delle sue attività per quanto concerne tale servizio specifico”. Ciò mette ampiamente in discussione anche il concetto di domicilio del vettore.....
Residua però una speranza di salvezza. Ai sensi del D.Lgs. n. 185/99, qualora una delle parti del contratto telematico sia un consumatore, l’accordo dovrà intendersi inderogabilmente concluso nel luogo di residenza di questi. (Anche se potrei avere dei dubbi circa la qualificazione di consumatore in capo al viaggiatore aereo).
Non solo. parte della dottrina ritiene che, nel caso di negozio virtuale che richiede il pagamento del corrispettivo mediante comunicazione da parte dell’acquirente dei numeri della propria carta di credito – come nel caso di specie – possa applicarsi al commercio elettronico l’art. 1327 c.c., a mente del quale il contratto si conclude nel momento e nel luogo in cui l’accettante invia al proponente il modulo contente il proprio numero di carta di credito valendo tale atto quale esecuzione della prestazione di pagamento del prezzo (PISCITELLI).
Tutto ciò detto, siamo proprio sicuri che con “where [the carrier] has a place of business through which the contract has been made” possa intendersi il luogo virtuale in cui Tizio ha comprato il biglietto materialmente? E soprattutto, siamo sicuri che io, davanti al Giudice di Pace, possa con successo presentare un ragionamento partendo dal dato letterale inglese del testo originale?? Perchè, a mio avviso, nel momento in cui il Giudice legge la traduzione italiana, che allude all’”impresa”, esclude a priori l’applicabilità alla fattispecie concreta, atteso che Alfa ltd. non possiede invero alcuna impresa che ha provveduto a stipulare il contratto.
La questione è complicata ma particolarmente interessante!
Diego

Termine di costituzione opposizione a D.I.

Cari Amici,

volevo segnalarvi una sentenza di portata devastate che probabilmente già conoscerete.

Cassazione Civile, Sezioni Unite, Sentenza n. 19246 del 9 settembre 2010

I Giudici della Corte, evidentemente impazziti, hanno stabilito che il termine per iscrivere a ruolo l'opposizione a decreto ingiuntivo è sempre di 5 giorni, indipendentemente dal termine a comparire assegnato al convenuto opposto.

Lascio a voi ogni considerazione in merito. Ricordo che, se iscritta a ruolo in ritardo, l'opposizione diventa improcedibile.

Immagino il giubilo delle banche.

D.

mercoledì 6 ottobre 2010

Obbligo di custodia nel contratto d'appalto

Carissimi,
nuovo caso risolto suggerito per l'esame di Stato 2010.
Tizio concede in appalto a Alfa srl le opere di ristrutturazione del suo immobile in Viale dei Giardini. Alfa esegue gran parte dei lavori quando, per incomprensioni reciproche, le parti decidono di risolvere consensualmente il contratto. Il giorno seguente alla risoluzione, prima però che l'immobile torni materialmente nelle mani di Tizio, viene sottratta dall'appartamento la collezione di mobili dell'Ikea, di cui Tizio è ardente cultore.
Potrà Tizio far valere le proprie ragioni nei confronti di Alfa, sebbene il contratto di appalto fosse già risolto?
La risposta è scontata: Certo che sì!
Ciò in virtù del fatto che il contratto di appalto di appalto non solo è costituito da un obbligazione di facere ma anche da un obbligazione di riconsegna. Ex art. 1177 c.c., l'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna.
Ora, il dato che il contratto sia stato risolto non fà venire meno il fatto che Alfa detiene la cosa e, pertanto, sino alla riconsegna al legittimo proprietario, è gravata di un obbligo di custodia della stessa. In merito, si esprime chiaramente Cass. 30 settembre 2009, n. 20995: "Nel caso dell'appalto, l'esaurimento o lo scioglimento, per qualsiasi causa, del rapporto da luogo, a carico dell'appaltatore, non solo all'obbligo di lasciare liberi gli immobili del committente sui quali avrebbero dovuto compiersi le opere, ma anche quello di restituire le cose mobili eventualmente ed a tal fine ricevute in consegna. Tale obbligazione, proprio perché derivante dal venir meno delle esigenze in funzione delle quali si giustificava la detenzione di tali beni, non può che sorgere nel momento in cui tale cessazione si sia verificata; ne consegue, pertanto, che, fino a quando la stessa non sia stata comunque adempiuta, mediante la consegna all'avente diritto, l'appaltatore continua, nonostante la cessazione del rapporto principale di appalto, ad essere detentore dei beni in questione e, pertanto, in forza della citata norma civilistica, tenuto alla relativa custodia".
Buona giornata!
Diego

lunedì 4 ottobre 2010

I limiti della clausola risolutiva espressa

Carissimi,
in sintesi estrema la questione di oggi.
Tizio è conduttore di un immobile di proprietà di Caio. Il contratto di locazione prevede che è fatto divieto a Tizio di apportare innovazioni all'immobile. Il contratto, inoltre, reca una clausola che recita: "Laddove il conduttore violi qualsiasi tra le obbligazioni che su di lui gravano in forza del contratto di locazione, lo stesso contratto dovrà considerarsi concluso".
Tizio, burlone, colora le pareti di rosa fluo e fora, in più punti, il portoncino d'ingresso, così da favorire la ventilazione dell'appartamento. Caio, furibondo, gli comunica l'intento di risolvere immediatamente il contratto, avvalendosi della clausola risolutiva sopracitata.
Soluzione?
Caio non può avvalersi della clausola risolutiva espressa in quanto generica ed indeterminata, in contrasto, quindi, con l'art. 1456 c.c. che allude ad una "determinata obbligazione" violata. Tale regola è confermata da abbondante giurisprudenza e, tra le varie, spicca Cass. n. 1950/2009 che recita che "solo l'individuazione specifica delle obbligazioni il cui inadempimento determina la risoluzione di diritto del contratto vale a configurare una clausola risolutiva espressa".
Saluti.
Diego

Tecniche redazionali del parere professionale

Cari NonAncoraAvvocati,
nella consapevolezza che non esista una tecnica universale per la redazione del parere, mi sorge qualche dubbio in merito ai criteri che mi stanno consigliando - o forse imponendo - ad un corso di preparazione all'esame che sto seguendo.
Sinteticamente, le regole di redazione suggerite al corso:
1) utilizzo di approccio informale: rivolgersi all'interlocutore come al Cliente (es. Egregio Sig....... come Lei mi narra...... mi riferisco a quanto mi riporta........ecc.): ho seri dubbi in merito a questo interloquire friendly;
2) non utilizzare le forme impersonali/riflessive: es. si può osservare, si evince, si rileva che ecc. (forme, invece, consigliate da Galgano e Paladini nel loro testo di pareri di diritto civile);
3) contrariamente a quanto sostenuto nel predetto testo, riportare sempre il fatto. Galgano, al contrario, sconsiglia fortemente di riepilogare il fatto.
Per ora questi sono i dubbi.
Grazie.
Diego

martedì 28 settembre 2010

Recesso e caparra confirmatoria; azione di risoluzione e di risarcimento del danno

Carissimi,
prosegue il ciclo di aggiornamento giurisprudenziale pre esame di stato 2010, con un classico caso di scuola.
Tizio stipula un contratto preliminare con Caio per la vendita allo stesso Caio del bene X; Caio, di contro, versa a Tizio una caparra confirmatoria pari ad € 50.000,00. Alla data del rogito del definitivo, Tizio dichiara di non essere più interessato alla vendita.
Caio, quindi, rivolge a Tizio invito ad adempiere; viceversa, lo informa che provvederà alla risoluzione del contratto e alla richiesta di risarcimento danni in suo pregiudizio.
Successivamente, Caio - insicuro di nascita - cambia idea e comunica a Tizio di voler recedere dal contratto preliminare per inadempimento dello stesso Tizio e richiede che gli sia corrisposto il doppio della caparra versata.
Che farà il povero Tizio?
La soluzione è presto detta: Cass. sez. unite del 14 gennaio 2009, n. 553, dichiara che, una volta proposta la domanda di risoluzione volta al riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, non è consentita la sua sostituzione con la ritenzione della caparra a seguito dell'esercizio del recesso.
Così è deciso.
Diego.

lunedì 27 settembre 2010

Benvenuti!!!

Cari Amici e Colleghi,
come di consueto, a nome di Tutti i partecipanti di De Iure Contendendo, mi accollo il piacevole onore di dare il benvenuto a due nuovi membri, Clara e Alberto.
Fiducioso della Vostra calorosa accoglienza, colgo ancora una volta l'occasione per ringraziarVi di quanto sino ad oggi svolto nel comune interesse.
Buon divertimento!
Diego

Violazione degli obblighi di assistenza familiare e difficoltà economica incolpevole

Egregi Colleghi,
Aprirei il ciclo di aggiornamento giurisprudenziale con la seguente questione.
Tizio e Caia, già coniugati da oltre un decennio, e dalla quale unione sono nati due figli, entrambi di minore età, decidono di separarsi. In sede di udienza presidenziale, il Giudice stabilisce che Tizio dovrà corrispondere a Caia, a titolo di contributo per il sostentamento dei due figli, la somma mensile di € 2.000,00.
L'importo di cui sopra viene versato regolarmente da Tizio, sino a che questi si ammala di una grave patologia. Tizio viene quindi sottoposto ad innumerevoli interventi chirurgici, sostenendo costi di notevole entità; inoltre, il superamento del periodo di comporto, induce il suo datore di lavoro a licenziarlo. Tizio, che non percepisce altra fonte di reddito, si trova in evidente difficoltà economica. Ciò lo costringe, in un primo tempo, a ridurre l'entità della somma da corrispondere mensilmente alla ex moglie; successivamente, a sospendere il pagamento di tale importo per alcuni mesi. Caia, decide pertanto di querelare Tizio per violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570, c.p.
Che ne sarà di Tizio? Vorrei rispondere "lo saprete nella prossima puntata" ma il mio buon cuore Vi toglierà tosto questo peso che Vi opprime.
Cass. pen., 4 giugno 2009, n. 33492, ha stabilito che la violazione degli obblighi di assistenza familiare si configura solo ove sussistano, da una parte, lo stato di bisogno degli aventi diritto alla somministrazione dei mezzi di sussistenza e, dall'altra, la concreta capacità economica dell'obbligato a fornirli. Il reato di cui all'art. 570, secondo comma, 2), c.p., sarà escluso ove Tizio dimostri di essere incorso in una incapacità economica incolpevole.
La ratio della sentenza è presto riassunta. Non solo, infatti, s'ode l'eco lontano dell'art. 45 c.p. ma anche, per la felicità di Carlo, ritorna possente il principio ad impossibilia nemo tenetur!
Buona giornata.
Diego

Ciclo di aggiornamento giurisprudenziale per l'Esame di Stato 2010

Cari Tutti,
Vi comunico che con la giornata odierna De Iure Contendendo curerà un ciclo di aggiornamenti giuridici, con cadenza bisettimanale. Scopo principale dell'iniziativa è proporre ai dottori alcune possibili tracce per la prova scritta di dicembre 2010, nonchè offrire ai già avvocati, direttamente nella loro email, uno strumento di aggiornamento gratuito e di piacevole lettura.
Chiunque può proporre le questioni e, anzi, siete Tutti invitati a partecipare attivamente.
La sola avvertenza per postare un'ipotetica traccia è quella di inserire tra le etichette, oltre al tema trattato, la dicitura "esame di stato 2010". Il titolo, invece, sarà normalmente e liberamente attribuito sulla base dell'argomento affrontato.
Vi ringrazio, e Vi auguro una buona giornata.
Diego

giovedì 23 settembre 2010

codice penale commentato

Cari ragazzi,
un informazione spot lampo:
non sapendo niente di penale, vi chiedo quale sia il migliore codice penale commentato con la giurisprudenza da comprare (questa mattina) e da usare all'esame.
Felicitazioni.
Diego

venerdì 17 settembre 2010

International Law Firms offers

Cari Anna e Phil,
facendo seguito alla chiaccherata di ieri sera, vi rimetto qualche spunto estrapolato dalla "bacheca riservata" di cui si accennava.
A Londra, una leading UK international l.f. vuole un corporate immigration paralegal a contratto per £ 25.000/35.000 anno;
A Mexico City, Backer McKenzie vuole paralegal (ottimo salary ma non specificato);
A Istambul, Ketenci&Ketenci (mai sentito) vuole un attorney (ma secondo me accettano anche la nostra posizione xk chiedono almeno 2anni di esperienza);
A Dorset, Trill&Co. cerca un avvocato;
A Londra, The Conflict Resolution Company cerca per un intership;
Sempre Londra, altra immigration Law Firm cerca paralegal;
Ancora Londra, un office manager in Fortune Law;
Mi dispiace, ma per New York ci sono solo posizioni di mid-associate o, comunque, seniority più elevate.
Per quanto dubito possa interessare, a Londra conobbi un avvocatessa di Baker a Francoforte, abbastanza in pasta per l'area francofona.
ps: non pensavo che tirasse così tanto la domanda nell'immigration.
Ciao
Diego

lunedì 13 settembre 2010

"2 x 1" -> Due conduttori per un contratto di locazione

Cari Amici e Colleghi,
ho voluto impreziosire il titolo perchè il quesito, dal canto suo, è prima facie insipido.
Tizio loca un immobile alla Società Alfa. Un bel giorno, Tizio scopre, casualmente, che presso il suo immobile ha sede legale non solo la Società Alfa ma anche la Società Beta. Tizio effettua una visurina della Società Beta e realizza che la proprietà è degli stessi soci della società Alfa.
E' tutto regolare secondo Voi?
Grazie.
Diego

giovedì 9 settembre 2010

Imposta di registro sugli atti giudiziari

Egregi,
sto cercando invano da due giorni una tabella rappresentativa dei valori delle imposte di registro a seconda del valore della causa. Obiettivo e determinare a priori tale ammontare e computarlo nell'atto di precetto, sebbene non sia ancora stato ufficialmente liquidato dall'Agenzia delle entrate. Conoscete dell'esistenza di simile tabella? In caso affermativo, qualcuno potrebbe cortesemente caricarla su De Iure Contendendo.
Grazie
Diego

lunedì 6 settembre 2010

Pignoramento presso terzi all'estero

Cari amici,
vi è mai successo di voler far valere un titolo esecutivo reso da giudice italiano nei confronti di un terzo estero? Premetto che la fattispecie mi è nuova e non saprei bene da dove iniziare. Esiste qualche convenzione che definisce un modus procedendi per richiedere al terzo estero di dichiarare che esistono presso di lui somme di spettanza del nostro debitore?
Scusate la domanda vaga ma mi sto giustappunto approcciando ora al problema...
grazie a tutti.
Diego

venerdì 6 agosto 2010

Diego Jones e i contratti derivati: storia di una swap.

Cari amici,

da oggi il buon Diego si avventura nel fantastico mondo dei contratti derivati.

Se qualcuno di voi ha già avuto modo di inoltrarsi in questa perigliosa giungla, sappia che accetto di buon grado ogni direttiva, consiglio o spunto che vorrete darmi.

Frattanto, mi inoltro nella lettura di : CONTRATTI DERIVATI, edito Giuffrè, di tale EMILIO GIRINO.
Nome zoologico che all'apparenza suscita simpatia.
Non vorrei però che il girino si trasformasse in rana toro, rana velenosa o, com'è assai più probabile, rana allucinogena.

Vi terrò aggiornati su ogni interessante sviluppo.

martedì 3 agosto 2010

Nuove tariffe per contributo unificato


Carissimi,

giusto una comunicazione di servizio.

Conscio di ripeter lo scontato, Vi ricordo che dal 31 c.m. entreranno in vigore le nuove tariffe per il pagamento del contributo unificato (che qui Vi allego in versione rustica).

A presto

Diego

lunedì 2 agosto 2010

Eccezione di inadempimento dell'Avvocato nei confronti del proprio assistito

Carissimi amici,
per chi di Voi non ha ancora assaggiato le vacanze, ho pronta una nuova questione.
L'art. 1460 c.c. stabilisce che, nei contratti a prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere.
Ciò premesso, poniamo il seguente caso: lo studio legale Tizio & Mevio ha svolto un'attività di assistenza nell'ambito della tutela della proprietà intellettuale a favore della società Alfa. Nello specifico, si è trattato di un'attività di registrazione di marchi/brevetti (si badi: lo studio Tizio & Mevio esercita una sorta di "custodia" sull'originale della registrazione cartacea, nell'interesse della società Alfa. Ogni X anni, infatti, lo studio Tizio & Mevio è solito rinnovare il marchio/brevetto per conto di Alfa, ripresentando alle autorità competenti l'originale). Nel corso di tale rapporto, Alfa interrompe i pagamenti per l'attività svolta in suo favore dallo studio Tizio & Mevio. Lo studio Tizio & Mevio ha sicuramente, previa liquidazione al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati territorialmente competente, la possibilità di ricorrere per ottenere un decreto ingiuntivo a danni di Alfa. Tuttavia, è prossima la data di rinnovo del deposito dei marchi/brevetti della società Alfa.
Può lo studio Tizio & Mevio optare per un'eccezione di inadempimento ai danni di Alfa e "minacciarla" che, stante il mancato pagamento degli onorari e diritti maturati per l'attività svolta nel suo interesse, non provvederà a rinnovare i marchi/brevetti?
Apparentemente la risposta potrebbe essere affermativa. Duplici sono i dubbi. 1) Esistono delle verosimili implicazioni deontologiche che escludono tale soluzione? 2) Se Alfa domanda la restituzione degli originali dei marchi/brevetti, potrà lo studio Tizio & Mevio trattenerli presso di sè?
Grazie!
Diego

mercoledì 28 luglio 2010

La prova scritta fondante l'opposizione alla convalida

Ciao a tutti,
ho una questione sottile da sottoporre a Voi pregiati.
All'udienza di convalida di sfratto l'intimato si oppone fornendo quale prova scritta la lettera del suo difensore nella quale contestava parte della propria morosità in forza del rifacimento (peraltro non autorizzato) dell'impianto elettrico, senza allegare fattura del pagamento all'impresa che ha eseguito i lavori.

Secondo Voi può considerarsi prova scritta anche la sola lettera di contestazione del legale?
Mandrioli parla nel proprio testo di prova scritta "su cui si basa l'eccezione fondante l'opposizione".
Per questa ragione sarei propenso a negare la qualificazione di prova scritta alla lettera del difensore, insistendo per l'ordinanza di rilascio.
La dottrina si azzanna....

stefano

martedì 27 luglio 2010

Istanza di liquidazione degli onorari al Consiglio dell'Ordine.

Carissimi Colleghi,
mi trovo a dover depositare un ricorso per decreto ingiuntivo contro un mio ex cliente. Scopro per vie traverse che, al fine di agire per il recupero di un credito derivante da onorari professionali, deve preventivamente depositarsi l'istanza di liquidazione degli onorari al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati. Io non ho ancora avuto il piacere di studiare la materia deontologica. Mi confermate tale condizione di procedibilità?
Grazie
Diego

venerdì 23 luglio 2010

Decreti ingiuntivi telematici

Carissimi colleghi,
utilizzo questro strumento per dare un piccolo suggerimento pratico a coloro che, come me, si trovano ad utilizzare lo strumento del decreto ingiuntivo telematico.
Come mi riferiva anche Diego ieri, ci sono giudici che "sospendono" i decreti chiedendo di allegare il ricorso in un formato pdf che consenta la selezione e la copia di sue parti. Proprio oggi ne ho avuto conferma, perché un mio decreto è stato sospeso per la medesima ragione.
Per evitare tale inconveniente, che fa unicamente perdere tempo, vi suggerisco di utilizzare il componente aggiuntivo di word (so che c'è per la versione 2007, non so se esista per quelle precedenti) che trasforma i file in pdf o xps. Una volta installato, basta che si faccia salva con nome selezionando quell'opzione. Il file verrà poi trasformato in pdf e, una volta aperto, consente di selezionare o copiare sue parti.
Spero di esservi stata utile.
A presto.

giovedì 22 luglio 2010

Benvenuti!!

Carissimi Amici,
come di consueto in queste occasioni, a nome di tutti i membri di De Iure Contendendo, mi trovo a dare il migliore benvenuto a due nuovi amici, Marco e Giovanni.
Sicuro che saprete offrire la più calorosa accoglienza, Vi ringrazio per la dedizione e l'impegno con cui Vi state dedicando al presente progetto.
Buon lavoro.
Diego

lunedì 19 luglio 2010

Pagamento da parte del cessionario di spese sostenute dal cedente in un condominio

Cari amici,
Vi sottopongo il seguente quesito. Io sono già arrivato ad una conclusione ma mi riserva di metterla nero su bianco nelle prossime ore.
L'impresa Zeta effettuava dei lavori di ristrutturazione di un complesso condominiale e Caio, proprietario di un appartamento, cogliendo l'occasione, chiedeva a Zeta che fossero svolti degli interventi di riparazione presso il suo appartamento. Zeta operava. Conclusi tutti i lavori di ristrutturazione, Zeta emetteva due distinte fatture al condominio. Una per i lavori di ristrutturazione e l'altra per i lavori effettutati a favore di Caio. Il condominio le pagava entrambe e addebitava tale spesa a Caio. Sucessivamente, Caio vendeva l'appartamento a Tizio. Tizio si ritrovava debitore del condominio per la spesa di cui sopra.
Il condominio chiede a Tizio l'adempimento. Tizio non intende pagare tale spesa. Domanda: deve Tizio pagare al condominio oppure no?
Grazie!

venerdì 16 luglio 2010

Benvenuta Marta!!

Carissimi Amici,
un nuovo Avvocato sta per arricchire la nostra squadra...
a nome del Team di De Iure Contendendo, come sempre sapendo di farVi cosa gradita, offro un caloroso benvenuto a Marta!!
Con l'occasione, ringrazio Lei e Voi per aver riposto fiducia in un progetto che, giorno dopo giorno, sta raggiungendo risultati sempre più ragguardevoli e soddisfacenti!!
A presto,
Diego

Sfratto per Morosità - emissione del decreto ingiuntivo

Ciao a tutti,
mi trovo ad affrontare per la prima volta una situazione che dovrebbe essere l'abc del praticante: lo sfratto per morosità.
Dopo aver ottenuto la convalida e lo sloggio mi trovo ora a dover chiedere l'emissione di decreto ingiuntivo per i canoni scaduti sino all'effettiva dipartita dell'inquilino.
Ora ecco la raffica di domande:
a) per richiedere il decreto basta l'originale dello sfratto con il modulino apposito ritirato in cancelleria o devo predisporre un nuovo atto ad hoc?
b) i canoni scaduti dalla convalida dello sfratto allo sloggio li calcolo maggiorati del 20% per indennità di occupazione senza titolo?
c) se lo sloggio avviene non esattamente a fine mese in base a quale criterio calcolo l'ammontare dei canoni/indennità giorno per giorno? Basta fare un'operazione matematica ?

Grazie a coloro i quali , anche insultando la mia ignoranza in materia, mi risponderanno.

Stefano

giovedì 15 luglio 2010

Interessi D.Lgs 231/2002 per onorari di avvocato

Carissimi amici,
domanda spot molto easy.
Il titolo si spiega eloquentemente da solo. Che ne pensate?
Esclusioni espresse ex art. 1 non ce ne sono.
"Transazioni commerciali" sono "i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo".
Il dubbio è sulla qualifica di imprenditore.. dubito che l'avvocato possa rientrarvi. Però offre pur sempre una prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo.
Vi è mai capitato qualcosa di simile?
grazie a tutti.
Diego

giovedì 8 luglio 2010

La misteriosa quantificazione delle indennità delle servitù

Ciao a tutti,
mi trovo alle prese con un problema dalla per niente scontata e semplice soluzione: come si fa a calcolare con esattezza l'esatto importo delle indennità che il proprietario del fondo dominante deve corrispondere a quello del fondo servente al fine di vedere controbilanciata l'"invasione" di tubi e cavi nella proprietà del secondo?
La giurisprudenza non è per nulla esaustiva ed in rete si sprecano equazioni e formule matematiche che riprendono il valore commerciale e la destinazione del fondo, nonchè la superficie di quest'ultimo interessata dalla servitù.
Non ho dati precisi? Su quali elementi potrebbe basarsi una CTU in tal senso?

Grazie a tutti della preziosa attenzione.

S.

mercoledì 7 luglio 2010

obbligo di comunicazione all'Agenzia delle Entrate di operazioni con Stati "Paradisi Fiscali"

Cari Amici
mi permetto di sintetizzarVi un aggiornamento che ho recepito stamane.
L’art. 1, comma 1 – 3, del DL 25 marzo 2010, n. 40 (c.d. “DL incentivi”), convertito nella L. 22 maggio 2010, n. 73, ha stabilito che i soggetti identificati in Italia come titolari di P. IVA, che intrattengono rapporti commerciali con controparti localizzate in “paradisi fiscali”, sono tenuti a comunicare all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni effettuate dopo il 1° luglio 2010.
Le black list che individuano i paradisi fiscali sono contenute nel DM 4 maggio 1999, relativo alla presunzione di residenza in Italia delle persone fisiche e nel DM 21 novembre 2001, emanato ai fini dell’applicazione della disciplina sulle imprese controllate estere.
Per citarne alcuni, sono considerati paradisi fiscali la Repubblica di San Marino, il Liechtenstein, Malta,Cipro, Hong Kong, Singapore, la Malaysia, ecc.
L’obbligo di comunicazione investe transazioni quali le cessioni di beni, le prestazioni di servizi rese, gli acquisti di beni, le prestazioni di servizi ricevute.
Quanto poi alle modalità di comunicazione, le stesse devono inviarsi all’Agenzia delle Entrate esclusivamente in via telematica ovvero direttamente o attraverso gli intermediari abilitati (es. dottori commercialisti ed esperti contabili).
Sperando di esserVi stato utile, Vi auguro una buona giornata.
Diego

martedì 6 luglio 2010

Istanza di fallimento e mancato deposito dei bilanci d'esercizio

Carissimi Colleghi,
sarò immediato:
mi trovo ad aver predisposto un'istanza di fallimento a danno della società debitrice Beta.
I presupposti che allego, però, non mi convincono definitivamente.
In particolare, posso dimostrare:
1) Inadepimento: Beta è debitrice di Alfa, mia cliente, da almeno due anni e, a seguito di notifica del decreto ingiuntivo, non ha mai pagato neppure un acconto;
2) 1° Fatto esteriore: Beta risulta negli ultimi mesi "sconosciuta" a seguito di una notifica postale di raccomandata AR da me inviata. (integra a ben vedere una potenziale assenza/irreperibilità ex art. 7 L. Fall.);
3) 2° Fatto esteriore: l'ultimo bilancio d'esercizio depositato da Beta risale al 31 dic. 2007.
Il mio quesito in tal sede inerisce proprio il punto 3).
A Vostro avviso, il mancato deposito dei bilanci negli ultimi due anni di bilancio (posto che il 2009 può non esser ancora disponibile ma sicuramente il 2008 dovrebbe esserlo), quanto può essere un indicatore valido dello stato di insolvenza di Beta?
Grazie cari
Diego

lunedì 5 luglio 2010

Parerga e Paralipomena

Mi concedo una pausa dalle discussioni di stretto diritto. Questioni a margine...complementari, come suggerisce il titolo.

Se volete, potete chiamarlo un post metagiuridico. Io, dal canto mio, spero rivesta una qualche utilità in stile psicanalitico freudiano (atteso che sto letteralmente "sclerando").

Mi sono rotto le scatole delle banche!...e scusate il gallicismo.

Chi, come me, si trova a dover formulare 12 opposizioni a decreto ingiuntivo bancario in un solo dannato mese, si rende improvvisamente conto di una verità tanto scioccante quanto ovvia.
In Italia le lobby esistono eccome.
Ne è un esempio lampante la normazione in tema di diritto bancario.
Tanto non bastasse, anche la giurisprudenza sembra prostrarsi di fronde ad un'arroganza che oramai tracima gli argini dei più basilari principi di diritto.

Chi si trova a dover analizzare il comportamento di un istituto di credito (avversario per me tanto prediletto quanto odiato), vede infrangersi il proprio sguardo su miriadi di annotazioni contabili intrecciate: conti di servizio, giroconti virtuali, decine di contratti gravanti su di un unico conto corrente, ciascheduno con la propria regolamentazione di dettaglio, rigorosamente pattizia (oggi, ad esempio, scopro l'esistenza di un contratto atipico denominato "castelletto di sconto promiscuo"...termine immaginifico che a me, letteralmente interpretato, ricorda tanto una casa d'appuntamenti dell'est europa a basso prezzo!)

Si noti, beninteso, che questi dati non sono accessibili certo dalla documentazione di cui alle ingiunzioni, visto che il legislatore ha concesso ai bancari di agire sulla base - in sostanza - di una autodichiarazione (alla faccia del divieto di prova a favore di se stesso).
Così, il povero legale dell'opponente, deve opporsi...e per farlo deve dimettere egli stesso i documenti ove si evincono le irregolarità, adempiendo all'onere di prova di controparte! (pena, naturalmente, un opposizione del tutto generica).

A ciò si aggiunga che, forse per la naturale simpatia che irradiano, le banche sono gli unici soggetti che possono applicare tranquillamente tassi usurari alla piena luce del sole (mascherando parte del tasso sotto voci diverse).
Tutto quanto sopra, poi, per non parlare dell'anatocismo, questo simpatico istituto vietato a tutti, tranne che alle banche.

Nonostante questo, il sottoscritto continua ostinato ad opporsi.
Mi ridano pure in faccia i giudici e le controparti.
Se la Cassazione mi ha dato ragione sulla commissione di massimo scoperto (che va conteggiata ai fini del controllo anti usura), forse prima o poi anche la mia richiesta di remissione alla Corte Costituzionale in tema di anatocismo troverà un orecchio disposto ad ascoltare.

Mi si passi lo sfogo, ma vedere che per ciascuna delle mie possibili eccezioni è stata coniata "ad hoc" una legge speciale tesa a paralizzarla...beh....ha dello sconfortante.

Prima o poi....a suon di sconfitte...potrei pure diventare un'autorità in diritto bancario :-)

Il Don Chisciotte del conto corrente.



















venerdì 2 luglio 2010

Pignoramento presso terzi: ritenuta del 20%

Cari amici,

probabilmente ripeto l'ovvio, eppure vi notizio che, dal 5 marzo del corrente anno, le procedure esecutive presso terzi (ed in particolar modo presso terzi istituti di credito) sono interessate da una simpatica novità.

Laddove il credito che origina il pignoramento sia sottoposto a ritenuta fiscale alla fonte, l'istituto terzo pignorato ( che possa fungere da sostituto d'imposta) trattiene il 20% della somma assegnata dal G.E. onde devolverla al nostro "amato" Erario.

Attenzione quindi: laddove dobbiate procedere al recupero di crediti derivanti, ad esempio, da lavoro dipendente, chiedete i decreti ingiuntivi al "lordo" delle imposte, di modo da non essere penalizzati nella successiva fase esecutiva presso terzi.

Non a casa, sono attualmente in acceso contenzioso con noto istituto di credito proprio su questo tema.
In particolare, avendo io ottenuto un d.i. provv. esec. per retribuzioni "nette in busta paga" di 21 dipendenti (prima della riforma sopra enucleata), sono poi intervenuto fulmineamente in una procedura esecutiva presso terzi di altro creditore procedente (con sommo dispiacere di quest'utlimo che ha dovuto subire il mio "luccicante" privilegio da lavoro dipendente) ed ho ottenuto, dopo qualche complicazione e battibecco, l'agognata ordinanza di assegnazione somma.

Il simpatico Istituto di Credito mi ha tuttavia eccepito la riforma (guarda caso intervenuta il giorno prima!) e ha trattenuto il 20% degli stipendi dei miei laboriosi operai.

A mio parere, avendo io agito per il solo "netto in busta paga", l'obbligazione tributaria (ossia la cd. ritenuta alla fonte) si è già scorporata dalla prestazione retributiva e rimane in capo al datore di lavoro, sicché il credito per il quale ho agito, di per se, non può dirsi assoggettabile a ritenuta alla fonte, donde l'inapplicabilità della predetta disciplina.
L'Agenzia delle Entrate pare darmi ragione (in via ahimè ufficiosa).

Da bravo toro della prima decade di maggio, sicuro delle mie ragioni, ho prepotentemente attaccato con un precetto.
Non appena avrò notizie vi farò sapere l'evolversi dello stato dell'arte...tenete comunque presente questa normativa se avete in animo di agire in executivis verso terzi.

Prolissamente vostro.

D.




Benvenuto ai nuovi Membri di De Iure Contendendo

Cari Amici,

dopo un intenso mese di selezione ed arruolamento di menti geniali, ho il grande piacere, in nome di tutti i partecipanti di De Iure Contendendo, di dare ufficialmente il benvenuto a Mara, Dany, Stefano, Edoardo, Filippo ed Anna (a cui abbiamo già dato il benvenuto ieri!).

Sono convinto e fiducioso che questo nuovo apporto di energie impreziosirà e riempirà di vigore i già ricchi contenuti del nostro blog di discussione giuridica.

Ringrazio quindi Tutti i presenti per la fiducia manifestata e Vi auguro un buon lavoro!

A presto.

Diego

giovedì 1 luglio 2010

Nuovo limite per il trasferimento di denaro

Cari tutti,
a mero scopo informativo, a beneficio di chi non avesse colto la novità, il Decreto legge n. 78, del 31 maggio 2010, abbassa il limite al di sotto del quale è ammessa la trasferibilità del denaro contante tra soggetti privati, dagli attuali € 12.500 ad € 5.000.
Tale novità investe anche altre modalità di trasferimento del denaro, quali, ad esempio, l'emissione di assegni bancari, postali e circolari, i vaglia postali e cambiari, i libretti di deposito bancari o postali al portatore.
In particolare, gli assegni bancari e postali emessi per importi pari o superiori ad € 5.000 dovranno indicare nome e ragione sociale del beneficiario nonchè dovranno recare la clausola di non trasferibilità.
Noto poi con perplessità che il ricorso frequente e ingiustificato ad operazioni in contante, anche se di importo non superiore ad €5.000, sarà considerato "elemento di sospetto"...... mumble mumble...
Quanto alle sanzioni, andranno dal 1% al 40% dell'importo trasferito, con una sanzione minima inferiore a € 3.000. Se oggetto della violazione è il trasferimento di un importo superiore ad € 50.000, le sanzioni saranno quintuplicate.
Buona giornata.
Diego

Benvenuta Anna!

Cari Amici,
sicuro di farVi cosa gradita, in nome di tutti Voi membri di De Iure Contendendo, accolgo con il migliore dei benvenuti Anna, carissima collega del foro milanese.
Con l'occasione, ringrazio quanti di Voi continuano ad essere parte attiva di questo magnifico ed utilissimo proggetto, nella ferma convinzione che, a breve, potremo contare nuovi e numerosi partecipanti.
A presto.
Diego

martedì 29 giugno 2010

Il periodo di prova misurato in "giorni di effettivo servizio"

Cari Amici,
oggi mi avventuro nel mondo del diritto del lavoro.
La Società Alfa assume Tizio quale proprio dipendente (nella specie: programmatore informatico).
Il contratto prevede un periodo di prova di giorni 130 di effettivo servizio (armonico con il CCNL di riferimento).
Insoddisfatta della resa di Tizio, Alfa comunica dichiarazione di licenziamento in periodo di prova.
Tizio eccepisce, calendario alla mano, che il periodo di prova è oramai trascorso, sicché, come da CCNL la società deve motivare il licenziamento (cosa che non ha fatto) e deve pure corrispondere il dovuto preavviso.
Alfa evidenzia che Tizio lavorava 5 giorni alla settimana e che, poiché il periodo di prova prevedeva di conteggiarla in giorni di "servizio effettivo", il periodo di prova non era ancora scaduto al momento del licenziamento.
Tizio, dal canto suo, ritiene che anche il sabato e la domenica debbano essere conteggiati.


Ebbene, Cassazione insegna che mentre nel periodo di prova di cd. "servizio effettivo" non vanno conteggiate le ferie e la malattia, vanno in esso conteggiati i riposi settimanali in quanto "connaturati all'attività lavorativa".
Pronuncia tutto sommato comprensibile, il riposo ogni sette giorni è tutela assoluta e giusta della fatica del lavoratore e, se vogliamo parte stessa del lavoro del dipendente.

Ma nel mio caso?
Che dire del sabato?
Personalmente ritengo che, anche volendo conteggiare la domenica, i sabati non possano essere conteggiati nel cd. "servizio effettivo", in quanto agli stessi non è riconosciuta la funzione di "fisiologico riposto" ricompreso nell'attività lavorativa.
(pensate che, tolte le ferie e la malattia, Alfa è ancora fuori, tolti anche i sabati, torna in ballo di 2 soli giorni!).

Che dite? Pare logico?

D.

conversione di concordato preventivo in fallimento: calcolo interessi

Cari, Vi riporto di seguito l'esito di una ricerchetta che ho fatto questa mattina, nella speranza che possa agevolarVi laddove Vi doveste trovare nel medesimo dubbio.
L'incertezza era la seguente: revoca del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo e contestuale dichiarazione di fallimento della società Alfa. Nell'insinuazione al passivo predisposta nell'interesse della creditrice Beta, gli interessi maturano dalle singole scadenze sino alla data di apertura del concordato preventivo ovvero, in quanto revocato, maturano sino alla data di apertura del fallimento?
La risposta è la seguente: la sospensione degli interessi sui crediti chirografari dalla data di presentazione della proposta di concordato preventivo ha luogo anche nei casi di in cui il concordato preventivo venga convertito in fallimento poichè, in base al principio dell'unitarietà dei procedimenti concorsuali consecutivi, gli effetti del primo procedimento continuano a prodursi nel secondo. Tale regola vale, però, solo laddove la revoca del concordato non avvenga per inammissibilità della domanda di concordato perchè, in questo caso, non si verifica una consecuzione di procedure.
E' sempre bello imparare una nuova regola.
Buona giornata e buon lavoro.
Diego

giovedì 24 giugno 2010

interessi in procedura concorsuale

Carissimi,
una questioncina tecnica apparentemente facile ma che mi lascia un dubbioso dubbio...
La società Alfa ottiene decreto ingiuntivo per crediti derivanti da fornitura di merci nei confronti di Beta. Il decreto ingiuntivo, oltre alla somma in sorte capitale, intima a Beta di pagare gli interessi moratori, calcolati ex art. 5 D.Lgs. 231/02, maturati dalle singole scadenze delle fatture sino al saldo effettivo. Al decreto ingiuntivo viene poi apposta la formula esecutiva. Successivamente, Beta fallisce. Alfa si insinua ovviamente al passivo fallimentare. Come sapete, però, sebbene molti curatori negligentemente non se ne accorgano, l'art. 1 del D.Lgs. 231/02 eslcude espressamente l'applicazione degli interessi moratori per transazioni commerciali alle procedure concorsuali. E' quindi corretto applicare il più basso tasso legale. Dubbio è il seguente: il tasso legale decorre dalle singole scadenze sino al saldo effettivo, ovvero decorre dall'emissione del decreto ingiuntivo, oppure ancora dal momento in cui il decreto è divenuto titolo esecutivo con l'apposizione della formula esecutiva e, sino a queste date, invece, si applica correttamente il tasso più elevato ex D.Lgs. 231/02??
Infinite grazie.
diego

mercoledì 16 giugno 2010

notificazione della cessione del credito a debitore ceduto

Carissimi,
l'art. 145 cpc prevede la possibilità di notificare anche alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare sia indicata la qualifica della persona e la sua residenza.
Poniamo che la società debitrice Alfa S.r.l. non sia più reperibile presso la sua sede legale mentre l'Amministratore Unico di Alfa S.r.l. sia reperibile presso residenza conosciuta. Poniamo che sia intervenuta una cessione del credito ed il cedente abbia interesse a notificare tale cessione alla debitrice ceduta Alfa S.r.l., a norma dell'art. 1264, comma primo, c.c.
Ai fini dello spiegamento degli effetti della cessione nei confronti del debitore ceduto, ritenete possibile applicare l'art. 145 cpc e notificare, quindi, alla sede dell'amministratore unico di Alfa?
L'art. 145 cpc parla invero di atti. La comunicazione dell'intervenuta cessione di un credito può essere ricompresa in tale fattispecie?
grazie!
diego.

mercoledì 9 giugno 2010

Morte del conduttore nel contratto di locazione ad uso abitativo

Carissimi,

mi trovo di fronte alla situazione nella quale il conduttore di un immobile concesso in locazione ad uso abitativo è defunto.

Lascia 3 figlie, nessuna delle due conviventi.

Ora, sappiamo che l'art. 6 della legge sulle locazioni asserisce che vi è successione nel contratto solo se vi sono eredi conviventi (o la convivente more uxorio).

La giurisprudenza ritiene che questo articolo disciplini ex novo la materia della morte del conduttore, sicchè non si applicherebbe il 1614 c.c., implicitamente abrogato.

Mi chiedo allora, che debbono fare gli eredi.
Semplicemente liberare l'immobile per intervenuta estinzione del contratto?
E, se sì, che fine fa il deposito cauzionale di 3 mensilità che era stato pattuito e corrisposto?

La questione, amici, riveste carattere personale.

Attendo lumi.

D.

recupero canoni di locazione

Cari, vorrei solo una conferma circa le possibili opzioni da intentare per un recupero crediti derivante da canoni di locazione.

1. ricorso per decreto ingiuntivo:
- i canoni devono essere ex art. 633 cpc liquidi, certi ed esigibili.

2. intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione ex art. 657 cpc con contestuale richiesta di ingiunzione per i canoni scaduti:
- per ammettersi lo sfratto per finita locazione si presuppone che, se la locazione è a tempo determinato, sia stata data tempestiva disdetta (art. 1597 c.c.).

3. Azione ordinaria: ai sensi dell’art. 447bis cpc la citazione si promuove, ex art. 414 cpc nella forma del ricorso.
- ne deriva che l’opposizione al decreto ingiuntivo sarà promossa dall’opponente con ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 414 cpc mentre il convenuto opposto si costituirà con memoria ex art. 416 cpc.

tra l'ipotesi 1. e la 2., considerando che l'obbiettivo principe non è tanto liberare il locale quanto incamerare il credito e dare impulso all'azione esecutiva, qual è secondo Voi la strada PIU' VELOCE per conseguire il risultato?
Da ricordare che il decreto ingiuntivo sarebbe verosimilmente emesso con provvisoria esecutività, visto che il debitore ha espressamente riconosciuto per iscritto il debito.
Grazie.
diego

mercoledì 14 aprile 2010

PERCHE' ASSOCIARSI

Cari Tutti,
sapete che io sono sempre stato una fucina di idee. Molte le abozzo e poi svaniscono nel nulla. Altre, sebbene la minoranza, ottengono un seguito concreto. Statisticamente, direi che il 90% dei progetti che raggiungono l'obiettivo lo conseguono grazie alla reazione positiva dei miei interlocutori. Ad ogni stimolo deve seguire una reazione. Senza reazione, lo stimolo è fine a se stesso e, quindi, perfettamente inutile. Così, ad esempio, l'idea di "De Iure Contendendo" sarebbe stata una frase nel vento se qualcuno, con fiducia e dedizione, non si fosse applicato nella realizzazione del blog. Innumerevoli esempi analoghi potrebbero essere richiamati ma rischierei di finire fuori tema. Ciò che peraltro osservo, nella mia posizione - anche un po' supponente, lo ammetto - di "ventilatore di idee", è che gli interlocutori cui mi rivolgo sono spesso timidi nell'offrire una reazione. Tale atteggiamento è invero ascrivibile ad uno stile di vita, né può ritenersi passibile di ammonizioni; c'è chi riflette e tace, ritenendo che tanto qualcun altro lancerà la prima pietra; c'è invece chi, come il sottoscritto, parla apertis verbis, consapevole che dietro ogni parola e dietro ogni azione è sempre in agguato l'errore. D'altro canto, qualcuno disse che solo sbagliando s'impara.
Ciò premesso, spero di avervi fornito la mia interpretazione all'articolo che leggerete qui di seguito. Grazie per il tempo che mi avete dedicato e.... grazie a chi reagisce e reagirà!


"AVVOCATI, PERCHE' ASSOCIARSI?
di D. Rusconi
***
Dalla penna d'oca al computer, dal volume di giurisprudenza ad internet.....
Vorrei iniziare questo articolo chiedendo subito scusa per il taglio semiserio che darò all'argomento; spero che la leggerezza della forma non distolga i lettori dalla riflessione che vi è sottesa.
E dunque, il mondo della tecnologia è entrato, a volte a viva forza, nella realtà forense di tutti i giorni, anche se non ancora in quella di tutti i colleghi. Di pari passo e conseguentemente, si è moltiplicata esponenzialmente la velocità delle comunicazioni, dell'informazione e nello specifico, dell'informazione giuridica.
Dirò di più, attualmente noi avvocati siamo assediati dalla mole di informazioni e notizie che quotidianamente si riversa nei nostri studi attraverso fax, posta, internet. E' indubbiamente un bene che venti anni di giurisprudenza commentata stiano tutti all'interno di un cd-rom, ma volete mettere la bella figura che faceva, in alto fra gli scaffali, una innumerevole serie di tomi di 3 kg. cadauno, che raccoglieva un bel po' di sana polvere di studio legale, metafora della immutabilità dello Jus?
E che dire della velocità con la quale il beneamato Legislatore si inventa una riforma ed un testo unico per anno? E' una vera competizione estrema per quello sventurato che cerca di tenersi aggiornato, non dico in ogni settore del diritto, ma mettiamo nel solo diritto tributario, o nel bistrattato civile.
Così, date le premesse, la società si attende ora e giustamente, che alla velocità dell'input di informazioni (mi si perdoni il paragone informatico) segua altrettanta solerzia nell'output, ossia nella risposta fornita dal legale alle innumerevoli questioni postegli.
Errore. Si, perchè pur di fronte a tanti sconvolgimenti e rivoluzioni pseudo-copernicane il baricentro immobile della realtà forense resta lui: l'avvocato tuttologo.
L'avvocato tuttologo: splendori e declino.
A chi mi chieda una definizione di codesta specie dirò che si tratta della più antica e tuttora diffusa razza di avvocati, almeno nel Nostro Mezzogiorno. Coraggioso, molto spesso preparato, l'avvocato tuttologo è un individualista per natura. Ha molta fiducia nelle proprie capacità professionali e nessuna, o quasi, in quelle altrui.
Per conseguenza, qualsiasi questione deve essere gestita e seguita da lui personalmente, che studierà la pratica coscienziosamente e fornirà il parere al cliente o agirà in giudizio, secondo il suo prudente apprezzamento. Questo tipo di avvocato segue indifferentemente pratiche penali e questioni matrimoniali, esecuzioni e locazioni e cause di lavoro. Restano escluse, forse, solo le intricate questioni tributarie e quelle di diritto amministrativo.
Tutto molto bello, ma c'è un MA. IL TEMPO.
Il lasso di tempo necessario per lo studio di una qualsiasi causa è aumentato di pari passo alla velocità di legiferazione del Parlamento. Oggi lo studio di ogni nuova pratica richiede almeno una settimana, se la questione giuridica dibattuta non è completamente sconosciuta. Né si può pensare di non aggiornarsi, pena la possibilità di commettere errori gravi e perdere occasioni importanti.
Non si pensi che il tempo che ho indicato sia modesto perchè, e i colleghi lo sanno, dedicare una intera settimana ad ogni nuova pratica non è cosa semplice. Ci sono infatti le attività di udienza, indefettibili, gli appuntamenti con i clienti, le incombenze piccole e grandi necessarie alla sopravvivenza di qualsiasi studio legale.
E così quella iniziale settimana è destinata ad allungarsi, inevitabilmente, fino a quando l'avvocato tuttologo non sarà sicuro di aver verificato tutti i termini della questione. Nel frattempo il cliente, fiducioso, attenderà anche se non comprende bene a cosa serve tutta quella “perdita di tempo”.
Non che questa sia l'unica difficoltà che incontra il nostro. Faccio un esempio. Qualche giorno fa mi è capitato di ascoltare una conversazione fra due colleghi dei quali uno si lamentava della impossibilità di seguire due udienze fissate lo stesso giorno dinanzi a due diverse sezioni distaccate di Tribunale. Facile, direte voi, si trova un sostituto o si invia l'onnipresente e bendisposto praticante che farà le veci del più titolato collega.
Certo. Ma quanta fatica e apprensione per le sorti della causa e, mi si consenta, a volte quanta approssimazione nella soluzione trovata.
Cosa è oggi un avvocato?
Dare una risposta a questa domanda non è semplice, anche perchè sono intervenuti mutamenti che incidono profondamente sul contenuto della nostra professione. Basti dire che alle forme di giurisdizione ordinaria si affiancano sempre più spesso le ipotesi di ADR (conciliazione, mediazione e arbitrato presso organi istituzionali, vedi Camere di Commercio) che richiedono, oltre alla normale conoscenza della pratica anche doti ulteriori e alte capacità di relazionarsi col prossimo.
Non solo, perchè alla tendenziale polverizzazione delle pratiche, sparse omogeneamente fra tutti i ceti sociali, fa sempre più spesso seguito una concentrazione di questioni che riguardano, se pur sotto diversi profili, uno stesso soggetto cliente, spesso azienda. E' vero infatti che le neonate imprese del nostro sud si trovano ad avere bisogno di consulenza qualificata e diversificata nei più disparati settori della conoscenza giuridica e non solo di questa.
Come attingere ai finanziamenti statali ed europei? Come risolvere quelle crisi di liquidità che prima o poi si trova di fronte qualsiasi impresa, senza che ciò si tramuti in evento patologico? Come gestire convenientemente e tuttavia in maniera legale i rapporti con i collaboratori, dipendenti, fornitori, banche?
La stessa cosa accade per i colleghi “matrimonialisti”, che hanno tutta la mia ammirazione, che si trovano a gestire situazioni molto spesso altamente conflittuali e che richiedono l'intervento, in collaborazione sincronica, dei centri di mediazione familiare per fornire un aiuto anche psicologico ai soggetti in crisi.
Idem per i tributaristi, i penalisti e gli amministrativisti anche se, devo dire, la linea di confine tra queste due ultime categorie e quella dei civilisti è già marcata.
Ed allora cosa fare, se agli avvocati oggi la società sempre più spesso chiede conoscenze specifiche, capacità relazionali elevate, possibilità di collaborare con professionisti di altri settori per fornire un servizio “qualificato”?
Davide e Golia, ovvero, Gulliver e i lillipuziani: gli avvocati italiani alle prese con i loro colleghi d'oltreoceano.
Per avere un'idea di quale sia la tendenza in atto basta guardarsi un po' attorno. L'intramontabile esempio è il modello statunitense, con studi con centinaia di avvocati e letteralmente milioni di $ di fatturato annuo. Tuttavia non è necessario spostarsi oltreoceano per rendersi conto che il cambiamento è più vicino di quanto pensassimo.
La vecchia Europa, tradizionalmente patria del diritto di civil law, accoglie con sguardo benevolo l'incursione dei colleghi americani, che aprono filiali ( sic!) dei propri studi in Olanda, Germania, Francia e si, anche in Italia.
Recentemente ho assistito ad un convegno ove si è dibattuto proprio dell'associazionismo. Di fronte ad una buona rappresentanta del ceto forense locale si sono alternati gli oratori, tra i quali un conterraneo collega che si è trasferito all'estero e tuttora lavora per la sede europea di un grande studio legale americano, che conta nel mondo migliaia tra soci, associati e dipendenti.
All'uditorio smarrito nei grandi numeri il collega, per la verità un po' imbarazzato, ha confessato che lui in Tribunale, nella città ove lavora, non c'è mai andato, semplicemente perchè è un'altra sezione dello studio legale ad occuparsi del contenzioso e delle cause.
Vi lascio immaginare il seguito.
Ebbene, cosa concretamente possiamo fare noi?
La risposta è semplice. Almeno a parole. ORGANIZZARSI
Una bestia sconosciuta: l'associazionismo.
Non vi sono modelli da importare tou-court, proprio perchè l'esperienza forense italiana, come quella di ciascuna nazione, dipende dai modelli storici e culturali che si sono affermati in quest'ultima, dal livello di evoluzione della società ecc..
Tuttavia, è possibilile segnalare alcuni elementi essenziali:
La prima incombenza sarà quella di cercare dei colleghi con i quali dividere responsabilità e incarichi. E' auspicabile che nella nuova organizzazione vi siano professionalità diverse che coprano ogni ramo del diritto es.: l'avvocato giuslavorista, l'amministrativista, chi si occupa del civile, del commerciale, del penale ecc..
Non riterrei necessario contattare solo coloro i quali si conosce da molto tempo e dei quali ci si fida ciecamente, posto che un'organizzazione di lavoro si fonda su regole ben precise, che possono prevedere anche sanzioni per la loro violazione. Ritengo indispensabile, invece, valutare preliminarmente le capacità ed i titoli dei soggetti con i quali si vorrebbe associarsi, per garantire ai clienti un adeguato livello di preparazione da parte di tutti i componenti dell'associazione;
Una delle prime mosse dovrà essere prevedere la forma che dovrà rivestire “l'associazione” e statuire le regole della stessa. Oggi è possibile avvalersi della normativa sulle associazioni professionali, ma chi voglia iniziare, secondo me, può semplicemente aprire uno studio associato. Quello che conta di più è stabilire una serie di regole, scritte, che disciplinino esattamente i compiti di ciascuno, le responsabilità e la partecipazione agli “utili”, prevedendo anche sanzioni economiche per la violazione dei doveri che comportino un danno per l'associazione.
Questo mi sembra un punto fondamentale. Solo attraverso la creazione ed il rispetto di regole condivise ciascuno dei partecipanti si sentirà garantito dalle stesse e sarà spinto a collaborare al meglio.
Bisognerà fare in modo che il cliente comprenda il valore aggiunto costitutito da molteplicità di professionalità aggregate. E per far ciò sarà necessario che l'avvocato per primo impari a delegare al collega di studio la risoluzione della questione sorta nel campo in quest'ultimo ha una preparazione specifica.
Considerazioni di breve, medio e lungo periodo.
Attualmente il dibattito sull'associazionismo è ancora agli albori in Italia. La diffidenza e la volontà di non condividere alcunchè sono i fattori predominanti, anche se nei discorsi sul tema di solito vengono mascherate da pretesti come le difficoltà tecniche, le esperienze di collaborazione fallite, il diverso apporto di clienti di ciascun professionista.
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Riconosco che chi sceglie di percorrere la strada dell'associazionismo, oggi, si trova a dover mettere in atto un modello di “convivenza e collaborazione professionale” a cui nessuna esperienza ci ha abituato. Vi potranno essere errori di valutazione, nella scelta delle regole e crisi di adattamento. Non mi nascondo, inoltre, che qualsiasi nuovo modello ha bisogno di un periodo di “rodaggio” durante il quale non è economicamente conveniente.
Tuttavia la realtà dell'Avvocatura Italiana è sotto gli occhi di tutti e così anche la tendenziale saturazione del mercato, la crescente difficoltà di farsi spazio, l'iperspecializzazione richiesta da molti settori del diritto.
Non credo che nei prossimi cinque o dieci anni si verificherà il pur temuto tracollo della professione. Ma ci sarà sempre meno spazio, minori occasioni, minori soluzioni. Potrei paragonare il momento che stiamo vivendo al passaggio storico cui ha fatto seguito la Rivoluzione Industriale. Ogni struttura, anche sociale, deve evolversi o cedere il posto ad altre che meglio interpretano i bisogni dei tempi.
E allora, concludendo, se i segni del malessere sono evidenti e se questa pur superficiale riflessione viene condivisa, la vera domanda cui bisogna rispondere è “perchè NON associarsi?”

venerdì 22 gennaio 2010

sopravvivenza di procura speciale alle liti a seguito di fusione societaria

Chiedesi conferma.
la società X conferisce procura al legale Y. Nel corso del giudizio, la società x si fonde per incorporazione nella Socieetà Z. Deve la società Z richiedere una nuova procura alle liti al legale Y?
merci
diego

lunedì 11 gennaio 2010

Carissimo D., puoi darmi un consiglio? Ai fini del mio prossimo esame, devo scegliere il testo su cui riprendere penale generale. Posto che il mio Mantovanone è lacero e del 2001, devo per forza provvedere all'acquisto di un nuovo tomo. Mi si pongono le seguenti chance: 1) Mantovani aggiornato (però di dottrina/filosofia/criminologia posso anche farne a meno per l'esame); 2) Antolisei; 3) Marinucci Dolcini & Co. Tu che mi suggerisci?
Diego

venerdì 8 gennaio 2010

legittimazione attiva nella richiesta del permesso a costruire

Sottolineo per ricordarmi quanto segue.
Ai sensi dell'art. 11 del T.U. dell'Edilizia, il permesso a costruire può essere richiesto dal proprietario o da chi abbia diritto o facoltà per richiederlo. Il che significa tutto e niente.
Semplicemente mi interessava capire se un non proprietario poteva richiedere ed ottenere concessione edilizia a suo vantaggio. I requisiti sono i seguenti. Il non proprietario deve avere un altro diritto reale sul bene/terreno ovvero, un diritto obbligatorio sulla scorta del quale emerga il suo obbligo o la sua facoltà di eseguire i lavori per cui chiede la concessione. In poche parole, il terzo, mettendosi d'accordo con il proprietario, può farsi conferire per iscritto l'incarico di costruire sul suo terreno e, con questo contratto, può recarsi dalla PA per richiedere validamente la concessione edilizia su terreno non proprio.
saluti!
diego