martedì 24 novembre 2009

custodia delle cose mobili dello "sfrattato"

Carissimi,
oggi avrei bisogno di consigli di carattere prettamente pragmatici.
Come si evince facilmente dal titolo del post, mi accingo prossimamente a sfrattare un debitore.
Posto che non è il primo tentativo - la volta precedente, infatti, lo sfratto non si è perfezionato per mancanza di un medico - mi sono premunito di: fabbro, forza pubblica e medico per l'appunto.
Il quesito che mi angoscia è il seguente. Una volta entrato, sbattuto fuori il debitore e cambiata la serratura, mi si porrà il problema di liberare l'appartamento delle cose mobili di proprietà dello stesso. Per quel poco che ne so, il creditore procedente assume in tal caso la veste di custode. Sicché non potrò volgarmente gettare la mercanzia del cattivo in strada, ma dovrò "custodirla". Presupposto, inoltre, che, nove su dieci, il debitore non verrà a prendersi la sua sbobba nei termini che io gli imporrò, resta fermo il problema che un appartamento pieno di mobili è un appartamento non utilizzabile per il locatore.
Non trovando, causa la mia ignoranza ovviamente, alcuna norma che disciplini questa fase dello sfratto, mi domando se dovrò in finale svuotare l'appartamento a mie spese e mettere tutta la merce in un deposito comunale... a mie spese (??!!) nella vana attesa che qualcuno venga a prendersi il tutto...
Chiedo help ai più esperti, confidando nella Loro vetusta esperienza.
Grazie. Diego.

domenica 15 novembre 2009

Autotutela nella vendita di quote azionarie

Carissimi,

mi trovo a dover assistere il venditore di una consistente quota azionaria.
Mi riferisce il mio cliente che il compratore pagherà a rate.
Si rivolge quindi a me per predisporre il contratto. Vuole tutela nel caso controparte non onori integralmente il pagamento.

Pensavo quindi al buon Diego...per ottenere lumi.
Pensavo ad un pegno su quote..o ad un patto di retrovendita (il riservato dominio no perchè i diritti devono passare).

Sarei molto grato di un suggerimento...purtroppo è un campo oscuro.

D.

giovedì 12 novembre 2009

titolarità del diritto di percepire i canoni di locazione nel sale and lease back

Buonasera.
Il titolo è già esaustivo. Ricapitolando, nei fatti, osserviamo che la Società Alfa opera un sale and lease back con la Società finanziaria Beta, avente ad oggetto un complesso immobiliare. Presupponiamo che la Società Alfa è locatrice del medesimo complesso nei confronti della conduttrice Società Gamma e che tali contratti di locazione hanno data anteriore al sale a favore della Società Beta. Immaginiamo, ora, che successivamente all'operazione di sale, la Società Gamma interrompa il pagamento dei canoni di locazione a favore di Alfa. Ebbene, Alfa ottiene decreto ingiuntivo per le somme insolute. Di contro, la Società Gamma eccepisce con ricorso in opposizione a d.i. il difetto di legittimazione attiva della Società Alfa poichè - sostiene - il complesso immobiliare da essa condotto è invero di proprietà della Società di leasing Beta. (i contratti non prevedono clausole specifiche a riguardo).
Quid iuris? Così, a freddo, osserverei che la qualità di locatore non deve, necessariamente, coincidere con la qualità di proprietario. Ci sto ragionando sopra....
Diego

martedì 10 novembre 2009

procura alle liti ed apposizione di Apostille

Provvedo a chiarire tempestivamente il dubbio avanzato a Stefano ieri pomeriggio.
Devo avviare un'azione legale nell'interesse di una Società statunitense avverso una Società italiana. Devo munirmi ovviamente di procura speciale alle liti.
Soluzione: ai sensi della L. 20 dicembre 1966 n. 1253, attuativa della Convenzione riguardante l'abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri del 5 ottobre 1961, le procure devono essere validate mediante l'apposizione della formula di "apostille" da parte dell'ente competente dello Stato ove ha sede legale la persona fisica o giuridica che conferisce la procura stessa.
Tendenzialmente, gli enti competenti sono le ambasciate e i consolati degli stati membri. La formula di apostille, inoltre, deve essere redatta in lingua francese. Un modello può trovarsi in calce alla stessa Convenzione di cui sopra. Io, per comodità, Ve lo riporto qui di seguito:
Apostille (convention de La Haye du 5 octobre 1961)
1) Pays..................
Le present acte public
2) a été signé par ............................
3) agissant en qualité de............................
4) est revetu du sceau/timbre de........................
Attesté
5) à ..........................
6) le ....................
7) par........................
8) sous N. ................................
9) sceau/timbre.......................
10) Signature.....................

Il tutto deve essere contenuto in un quadrato di 9 cm almeno di lato.
Ricordo inoltre, come ribadisce Cass. 14 nov. 2008 n. 27282, che in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno stato estero.
Cordialmente,
Diego

mercoledì 4 novembre 2009

termine per la vendita del compendio pignorato

Oggi non mi fermo mai.
Vi chiedo una conferma: laddove il creditore pignoratizio non abbia rispettato i termini previsti ex art. 497 cpc e, pertanto, si trovi a dover depositare l'istanza di vendita del compendio pignorato in data successiva ai novanta giorni dal compimento del pignoramento (previamente calcolati, ovviamente, i 46 giorni di sospensione feriale), che succede?? Correggetemi, se sbaglio.
Opera di diritto l'estinzione del procedimento esecutivo per inattività delle parti, a mente dell'art. 630 c.p.c., MA non può essere rilevata d'ufficio; deve, invero, essere eccepita da controparte in sede di vendita dei beni pignorati. In caso contrario, lo sforamento dei termini viene automaticamete sanato e la vendita è pienamente valida, anche se il debitore pignorato dovesse, ex post, rilevare questo difetto procedurale.
Ringraziamenti,
Diego

risoluzione del contratto risolutorio

Illustri colleghi,
mi permetto di spendere due righe su questa curiosa problematica, magari per Voi scontata.
L'ipotesi contempla l'esistenza di un contratto risolutorio tra A e B. Si osserva un inadempimento di A nel dare luogo alla risoluzione del contratto, secondo le modalità in esso previste. Ne consegue che B decide di risolvere il contratto risolutorio per indamepimento di A.
Tale fattispecie conduce inevitabilmente al ripristino, fra le parti, della situazione di diritto preesistente al contratto risolto, implicando la reviviscenza dell'originario contratto che si era deciso di sciogliere per mutuo dissenso.
Così si espressa Cass. 8/6/1973 n. 1655 nonché Cass. 28/01/2004 n. 1616, con riferimento, quest'ultima, al rapporto di agenzia.
Con i migliori saluti, Vi auguro una buona giornata!
Diego

martedì 13 ottobre 2009

rilascio di ulteriori copie esecutive ex art. 476 cpc

Carissimi carissimi da quanto tempo.
Mi stavo dimenticando dell'esistenza di questo splendido luogo di discussione...quindi...eccomi qui come ai vecchi tempi.
Oggi, quesito di procedura.
L'art. 476 mi consente di proporre ricorso al Presidente del Tribunale per ottenere il rilascio di "ulteriori copie" del titolo in forma esecutiva. Nello specifico, la dottrina è favorevole a concedere tale strumento anche laddove l'esecuzione debba svolgersi simultaneamente in luoghi diversi. Allora, come nel caso di specie, la mia esecuzione si svolge a Milano e decido di avviarla anche in un altra città italiana. Domanda: ai sensi del 476, potrò ottenere una sola copia in più del titolo esecutivo oppure, motivando nel ricorso che voglio svolgere l'esecuzione presso la città di X e la città di Y, potrei ottenere anche due ulteriori copie??? Effettivamente, il 476 è rubricato come "altre copie in forma esecutiva". La dicitura plurale è quindi posta a caso ovvero mi quantifica la pluralità di ulteriore copie richiedibili??
Cordialmente.
Diego

martedì 21 luglio 2009

litispendenza tra precetto e pignoramento

Buondì.
Quesito la cui risposta suppongo aver già appreso, ma condiveder mal non fà.
Controparte promuove un atto di citazione in opposizine a precetto presso il Tribunale X.
L'esecuzione inizia presso la città Y. Quindi controparte promuove ricorso in opposizione all'esecuzione presso il Tribunale Y. Il giudice di X, poco avveduto, non si dichiara incompetente non appena viene a conoscenza dell'esistenza di beni presso il comune Y.
In tutto ciò, il Giudice di X sospende l'efficacia esecutiva del titolo azionato nei confronti di controparte e il Giudice di Y decide di adeguarsi e sospendere pure l'esecuzione presso la città Y.
Io voglio domandare al Giudice di Y l'accertamento della litispendenza e la cancellazione dal ruolo di Y della causa. (Sebbene il comune giusto resti quello di Y).
La litispendenza deve avere identità di parti, petitum e causa petendi.
Il profilo critico potrebbe sorgere per l'identità di causa petendi. Invero, un atto di precetto e un pignoramento potrebbero avere causae petendi verosimilmente differenti. A mio avviso, peraltro, il diritto sostanziale che sta dietro precetto e pignoramento è il medesimo; il pignoramento stesso è un appendice logica del precetto, indi per cui non vedo perchè mi si potrebbe negare la litispendenza. Ho un tribunale di Brindisi che la pensa come me. Voi la pensate come me? Buon caldo.
Diego

venerdì 26 giugno 2009

la validità del titolo esecutivo ex art. 474 cpc, datato anteriormente al 1 marzo 2006

Carissimi Buongiorno di nuovo,
con la presente non postulo alcuna domanda ma semplicemente lancio un sasso nello stagno.
A suo tempo, notificai un atto di precetto con trascrizione integrale in seno ad esso di una scrittura privata autenticata, ai sensi dell'art. 474, comma terzo, cpc.
Controparte mi contesta che la scrittura privata autenticata non è valido titolo perchè recante una data di sottoscrizione anteriore al 1° marzo 2006, data in cui è entrata in vigore la novella dell'art. 474 cpc. Prima infatti, la scrittura privata autenticata non costituiva titolo esecutivo.
Ovviamente fu una mia svista; se avessi notato questa particolarità, mai mi sarei applicato ad avviare un'esecuzione con tali presupposti. Ma ora le jeux soin fait e quindi giochiamo.
Vero è che tempus regit actum e che la retroattività di una novella opera solo, tendenzialmente, nei confronti di profili sostanziali e mai processuali. Il caso di specie, è chiaro, non presenta novità di carattere sostanziale ma solo processuale.
E' anche vero, però, che per dogmi non si va da nessuna parte e il diritto, prima di tutto, è fatto. Allora provo a capire la ratio del tempu regit actum non estensibile ad un profilo procedurale. Mi rispondo che si deve onorare il principio di tutela dell'affidamento. Nel senso che se io oggi sottoscrivo un documento, faccio affidamento sugli effetti giuridici che, ad oggi, la mia sottoscrizione può comportare. Sarebbe scorretto che, domani, fosse inserito un nuovo strumento giuridico produttivo di effetti sfavoreli che io non potevo conoscere - perche non esistevano - al momento della mia sottoscrizione. FINO A QUI, il principio di affidamento gira bene e il tempus regit actum per le norme processuali pure.
MA, considerando il caso di specie, mi domando: quali sono gli effetti negativi che la novella del 474,2° produce alle parti???? Risposta: nessuno. Il solo effetto della riforma è un agevolazione in termini di accelerazione della tutela delle ragioni del creditore. Anche senza riforma, infatti, il creditore ex art. 642 c.p.c. avrebbe potuto avviare una tutela monitoria ed ottenere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. Ma con tempi relativamente più lunghi.
Mi pare quindi che annoverare la scrittura privata autenticata nella categoria dei titoli esecutivi, in verità comporti uno snellimento burocratico, un rispettoso adempimento del principio di economia processuale. Non cambiano, viceversa, i rapporti sostanziali tra le parti.
Potete essere d'accordo?
un abbraccio
diego

ambito applicativo del d.lgs. 231/2002

Carissimi buongiorno!
sebbene oramai i miei interventi si esauriscano in un monologo interiore, persisto con tenacia nella mia inutile attività virtual epistolare!!!
La domanda oggi consiste in un tecnicismo che mi crea un piccolo dubbio interpretativo.
Controparte mi contesta che, per svista in effetti, ho applicato gli interessi moratori ex D.lgs. 231/2002 su delle somme dovute a titolo di canoni di affitto di ramo d'azienda. Segnatamente, contestano l'inapplicabilità di tale tasso alla materia locatizia e all'affitto di azienda in generale.
Posto che l'art. 2 del D.lgs. in esame definisce "transazione commerciale" il contratto con cui due imprenditori prevedano la consegna di una merce o la prestazione di un servizio, mi chiedo perchè l'affitto d'azienda non possa considerarsi un servizio. E più ci penso, più mi convinco che la mia svista nell'atto di precetto, in realtà è corretta. Vi invito a dimostrarmi, pertanto, che un affitto di azienda (è una struttura alberghiera) non rappresenta una prestazione di servizi.
Un bacio.
Diego

giovedì 28 maggio 2009

cessione di un credito per prestazione mai eseguita

Carissimi, a Voi quanto segue.
Alfa cede a Beta un credito derivante da prestazioni dedotte in un contratto di appalto con Gamma.
Beta, cessionario, fa valere il proprio diritto di credito nei confronti di Gamma che, solo un mese dopo aver stipulato il contratto di appalto, già offriva la propria dichiarazione di scienza circa l'avvenuta cessione del credito.
Quindi, abbiamo una valida cessione del credito; una valida pretesa del cessionario; una valida accettazione del debitore ceduto solo un mese dopo la stipula del contratto di appalto con il cedente. Fino a qui ok.
Alfa tuttavia non eseguirà mai nemmeno una delle prestazioni individuate nel contratto di appalto a favore di Gamma.
Abbiamo quindi un diritto ad una controprestazione monetaria che difetta però della prestazione.
Ciò detto, vediamo che art. 1263 afferma che con la cessione del credito si trasferiscono anche gli accessori, quindi si trasferisce la possibilità per il debitore ceduto di opporre al cessionario tutte le eccezioni che avrebbe potuto opporre al cedente. Ciò è confermato da innumerevole giurisprudenza. Esiste tuttavia un limite inderogabile. Non possono sollevarsi eccezioni relative a fatti successivi alla cessione stessa. Nel nostro caso è un gran problema, perchè la cessione è intervenuta appena un mese dopo la stipula dell'appalto. indi per cui risulta difficile trovare anche solo un eccezione relativa alla prestazione che, verosimilmente, non era ancora stata effettuata. Tale regola mi preclude quindi la possibilità di muovere un'eccezione di inadempimento, secondo me almeno. Viceversa, resterebbe ferma la possibilità di avanzare un'eccezione di risoluzione per inadempimento in quanto, ex 1458, la risoluzione ha effetto ex tunc e, quindi, non è soggetta al limite temporale suindicato. Ciò è confermato da una sola Cass. 25 marzo 1999 n. 2821. Quindi io mi domando... muovere un eccezione di inadempimento ex 1460 contro il cessionario relativamente alla mancata prestazione da parte del ceduto a mio favore, sarebbe stato un bel colpo perche sarebbe caduto subito il diritto alla controprestazione monetaria del cessionario. Però mi pare sia un'eccezione non promuovibile perchè relativa a fatti posteriori alla cessione. Al contrario, avrebbe senso muovere un art. 1453 contro il cessionario???? Considerate postilla: il contratto prevedeva la modalità di risoluzione mediante lettera da inviarsi all'appaltatore, ma noi appaltanti mai gliela abbiamo inviata. semplicemente abbiamo incaricato altri appaltatori, come infatti ci consentiva liberamente il contratto. grazie infinite..

giovedì 14 maggio 2009

tempus regit actum e art. 474,2°, 2) cpc

Carissimi dopo una vacatio giustificata dall'ingestibile mole di lavoro, torno con un quesito di non pronta soluzione.
Ho fatto un precetto con trascrizione integrale in seno ad esso del titolo esecutivo ex art. 474 comma secondo, n. 2, cpc.
Controparte mi fa un atto di citazione in opposizione all'esecuzione ex. art. 615 cpc lamentando, tra le varie, quanto segue:
la mia scrittura privata autenticata è di novembre 2005. Controparte osserva che la riforma del 474cpc è entrata in vigore il 1°marzo 06. Indi per cui, essendo la norma di natura sostanziale e non processuale, non v'è alcuna efficacia retroattiva. Io sostengo, viceversa, che militi il principio tempus regit actum del diritto processuale e, pertanto, si applichino le norme vigenti nel momento in cui decido di promuovere l'esecuzione forzata.
Dottrina divisa in merito. SUggerimenti???
Cordialità
Diego

martedì 14 aprile 2009

le conclusioni di merito nel ricorso per sequestro conservativo

Cari colleghi buongiorno,
innanzitutto mi scuso per il ritardo nel riscontrarvi e prometto di fornire le delucidazioni richieste in merito al sequestro penale non più tardi di questa sera.
Nel frattempo, metto sul piatto un nuovo dubbio relativo alla necessità di anticipare le conclusioni del merito nel ricorso per sequestro conservativo.
Sto scrivendo una memoria in qualità di resistente e noto che diversa giurisprudenza rimarca la necessità di dichiarare già nel ricorso per sequestro conservativo le conclusioni del merito. Ora, mi domando cosa significhi concretamente tale principio. Nello specifico, infatti, il ricorrente si limita ad accennare alla strumentalità del ricorso rispetto alla sua azione futura ordinaria. Il quesito è pertanto il seguente: Può il ricorrente limitarsi ad accennare che il ricorso si pone come ancillare rispetto ad un'azione scontata ordinaria, ovvero, seguendo pedissequamente il dettato giurisprudenziale, forse con interpretazione un pò estensiva, bisogna credere che il ricorrente è tenuto a formulare, parola per parola, quelle che saranno le conclusioni dell'azione ordinaria'?? Nel caso concreto, infatti, il petitum e la causa petendi sono chiaramente le stesse sia nel ricorso che nella futura eventuale e scontata azione ordinaria. Vengono pertanto già esplicate nella narrativa del ricorso.
La scelta tra le due ipotesi è di non poco conto. Si consideri infatti che la mancata definizione delle conclusioni del merito è considerata quasi all'unanimità causa di nullità per difetto di forma. I più moderati, in dottrina, la considerano comunque quale irregolarità sanabile tranquillamente con un integrazione allo stesso ricorso..
saluti!

lunedì 6 aprile 2009

iscrizione di ipoteca su beni sequestrati con procedimento penale in corso

Egregi buonasera!
il mio titolo è eloquente e sarò breve nella delucidazione della nuova quaestio iuris..
Ammetto la mia estraneità alla materia penalistica. Ciò detto, il Tribunale penale, a seguito dell'emissione di mio d.i., ha disposto sequestro preventivo ex artt. 321 c.p., 92 e 104 disp. att. c.p.p., di quote societarie e, successivamente, dell'intera azienda del debitore. Io creditore posso iscrivere ipoteca su un bene sequestrato?? E come mi dovrei muovere con l'eventuale precetto?? Lo notifico o non ha senso??? Grazie mille!

mercoledì 1 aprile 2009

procura speciale alle liti e domiciliazione

Carissimi buonasera!
Oggi ho una questione poco affascinante ma peculiare. Ipotizziamo che io abbia una procura ad litem dove è in delega l'avv. Tizio che si domicilia a Milano. Per contingenze varie, sorge la necessità di procedere il giudizio presso un avv. corrispondente, in altra città. L'avv. Tizio ha la possibilità di eleggere ulteriormente il domicilio, anche se non previsto esplicitamente in procura ovvero è fondamentale far sottoscrivere al cliente una nuova procura ove si dia atto della domiciliazione in altra nuova città?
Cordialità
Diego

mercoledì 25 marzo 2009

Nomina degli arbitri nel silenzio della clausola arbitrale

Carissimi, nuova quaestio iuris...
Tizio, imprenditore individuale, stipula con la Società X una contratto di appalto. Nel contratto compare la solita, dannatissima, clausola arbitrale.
Naturalmente la Società X non paga quanto dovuto a Tizio.
Tizio, pertanto, intende adire le vie di giustizia. La presenza della clausola arbitrale preclude il ricorso alle vie monitore e, pertanto, il buon D. si appresta a redigere l'atto di nomina dell'arbitro. Giunge quindi all'esame della venefica clausola arbitrale, la quale si presenta del seguente tenore: "Tutte le controversie concernenti l'esecuzione, interpretazione...etc...del presente contratto, andranno decise da tre arbitri, nominati ai sensi degli artt. 806 e seguenti del c.p.c., gli arbitri decideranno.....".
Ecco il nodo: se consulto il codice di rito noto che l'art. 810 c.p.c. esordisce con "quando a norma della convenzione di arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti...etc". Nella mia clausola, tuttavia, tale volontà non risulta esplicitata. Osservando l'art. 809 c.p.c. noto che il codice pone dei rimedi allorquando la clausola non preveda il numero degli arbitri o li preveda in numero pari. Quid iuris quando prevede il numero ma non il modo in cui nominarli? E soprattutto...siamo veramente sicuri che la clausola non preveda le modalità di nomina o posso desumerle comunque?
Applicherò analogicamente l'art. 809 c.p.c. (il presidente del Tribunale nomina tutti gli arbitri) o sosterrò un generale principio di nomina personale degli arbitri sulla scorta del fatto che non avrebbe senso, per due soggetti che intendono sottrarsi al giudice naturale, dover ricorrere alla nomina presidenziale se non nei casi espressamente stabiliti? O ancora interpreterò la clausola nel senso che le parti hanno inteso riferirsi al procedimento di nomina per eccellenza, ossia quello descritto all'art. 810 c.p.c., sotto la rubrica legis "Nomina degli arbitri?"

giovedì 19 marzo 2009

contratto di opzione di rivendita di azioni non quotate

Egregi colleghi buonasera.
La questione su cui oggi mi sto scervellando è particolarmente piacevole e si offre a molteplici interpretazioni. Allora, un bel giorno Tizio, amministratore della Società Beta, vende alla Società X un tot. di azioni della società beta. Tizio, nello specifico, vende un diritto di opzione di rivendita delle stesse, da esercitarsi entro un periodo prefissato (opzione americana), ad un prezzo strike prestabilito di 2mln e rotti €. L'opzione di rivendita è da esercitarsi solo nei confronti di Tizio stess. Nel frattempo, tuttavia, si verifica una drastica riduzione del capitale sociale della società Beta (una riduzione dell'85% del capitale sociale). La Società X, entro la data prefissata, esercita il proprio diritto e fa una put option a Tizio al prezzo prefissato che è del 10% più alto del prezzo di acquisto originario.
Problema: Tizio, dopo la riduzione, ha un valore insignificante di azioni in mano, mentre la Società x gli chiede il valore originario delle azioni comprate quando ancora il capitale era intatto, maggiorato del 10%.
Ne deriva che Tizio non vuole assolutamente pagare.
Problema: può una drastica riduzione del capitale sociale interferire sul quantum prefissato in un contratto di opzione di rivendita di azioni????
Ho già appurato che, per quanto verosimile, il tasso del 10% non rientra in un tasso di usura.
Ora cerco di percorre la strada dell'eccessiva onerosità sopravvenuta. Sto consultando, a tal fine, gli ultimi tre bilanci per cercare di dimostrare che l'andamento ottimo della società è stato interrotto da un fatto straordinario ed imprevedibile quale la riduzione del capitale sociale. ma barcolla... perchè Tizio è amministratore della società Beta... e quindi dovrebbe essere in grado di prevedere l'andamento della stessa...
Sento che può esserci una soluzione nell'art. 1503c.c. ma ancora sono lontano.
Vi auguro una buona serata,
Diego

giovedì 12 marzo 2009

contratto di vendita del diritto di opzione

carissimi buongiorno. ho un urgenza. devo in fretta redigere un contratto di vendita di diritto di opzione del socio. ne avete mai visti? sapete dirmi dove trovare un modello? scrittura privata o atto pubblico..nulla trovo io qui in studio.. Ringrazio anticipatamente

martedì 10 marzo 2009

Fornitura di energia elettrica

Egregi colleghi, perdonatemi, ma io mi permetto di riproporre il mio quesito già abozzatovi in giovial contesto!
PREMESSE: Dunque, la dir. 2003/54/CE ha stabilito norme comuni per generazione, distribuzione e fornitura dell’energia elettrica. Obiettivo della dir. è il raggiungimento della completa liberalizzazione del mercato dell’energia. Il cliente finale, quindi, può selezionare liberamente l’operatore che distribuisca energia elettrica alle condizioni più vantaggiose e convenienti.
In attuazione di tale direttiva, l’art. 1 della L. 3 agosto 2007, n. 125, prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2007, l’attività di distribuzione di energia elettrica sia svolta in regime di separazione societaria rispetto all’attività di vendita. Dal 1° luglio 2007, pertanto, ai sensi dell’art. 2, “i clienti finali domestici hanno diritto di recedere dal preesistente contratto di fornitura di energia elettrica come clienti vincolati (...) e di scegliere un fornitore diverso dal proprio distributore. In mancanza di tale scelta, l’erogazione del servizio per i clienti finali non riforniti sul mercato libero è garantito dall’impresa di distribuzione, anche attraverso apposite società di vendita, e la funzione di approvvigionamento continua ad essere svolta dall’Acquirente Unico S.p.A.”.
Nello specifico, l’acquirente unico spa indice dei bandi per selezionare le apposite società. I vincitori sono per il periodo 1 maggio 2008 - 31 dicembre 2008 -> Exergia S.p.A. (per tutto il nord italia). Dal 1 gennaio 09 al 31 dicembre 2010 è Enel Energia S.p.A.
FATTISPECIE CONCRETA: Il cliente finale in esame non ha pagato le fatture emesse da Exergia. Exergia gliele emette tutte in un colpo in costanza di nuovo rapporto con Enel (quindi post 1 genn 09).
PROBLEMA: tra il cliente finale e Exergia ovvero Enel Energia, interviene una cessione ex lege ovvero un nuovo contratto?
La diversa interpretazione ha un rilievo non indifferente. Se infatti si suppone l’intervenuta cessione ex lege, il terzo cessionario assumerà rispetto all’altro contraente, il contraente ceduto, la medesima posizione già occupata dal cedente. Con ciò si ammetterebbe che Enel subentra ad Exergia in ogni situazione attiva e passiva della precedente. Ne deriva che Enel può vantare crediti di Exergia nei confronti del cliente finale e può, volendo, sospendere l’erogazione del servizio.
Supponendo, al contrario, l’esistenza di nuovi contratti separati (ipotesi avvalorata dalla restituzione del deposito cauzionale all’estinzione di ogni rapporto), si concluderebbe nel senso che l’attuale fornitore non può vantare crediti nei confronti del fornitore precedente. Quindi non è ammissibile l’eventuale sospensione dell’erogazione del servizio.
Carletto obietta che il rapporto non deve intendersi come una linea retta (Exergia-Enel) in cui i fornitori sono sostituiti ex lege ed il contratto è automaticamente ceduto tra di loro ma, al contrario, come un rapporto trilatero, al cui vertice c’è l’acquirente unico. Specifico: il contratto non sarebbe ceduto da Exergia ad Enel, bensì, scaduto il termine per l’erogazione da parte di Exergia, il contratto “tornerebbe” all’acquirente unico che, previo esperimento di nuova gara, lo cederebbe al nuovo fornitore, Enel.
Di fatto l’inquadramento dell’ipotesi Carliana trilatera è corretto a mio avviso, però pur sempre si parla di cessione del contratto ex lege (dove l’ex lege è appunto l’esperimento della gara in attuazione della direttiva), non, invece, di nuovo contratto tra fornitore e cliente finale. Ricordo a tutti che il deposito cauzionale viene restituito al termine della fornitura. Resta aperto il problema, di non poco conto a mio avviso, visto che la possibile rivalsa dell’attuale fornitore sul cliente finale, è prevista in termini di sospensione dell’erogazione dell’elettricità.
A presto carissimi.
diego

Pignoramento presso istituto di credito - bonifici successivi al pignoramento

Carissimi amici,
prendendo il coraggio a due mani e proseguendo sulla pubblica piazza mediatica la tradizione già inaugurata con il carissimo Diego, inauguro il volto più prettamente tecnico del blog, proponendovi una questione che ritengo di un certo interesse.
Come evincibile dell'epigrafe del post, si verte in tema di procedimento esecutivo presso terzi.
L'ipotesi controversa è quella in cui l'istituto di credito terzo pignorato, nella dichiarazione ex art. 547 c.p.c., comunichi:
a) che al momento della notifica del pignoramento non v'era posizione debitoria del terzo verso l'esecutato;
b) che, tuttavia, in un momento successivo sono itervenuti dei bonifici tali da far insorgere un debito nei confronti dell'esecutato.
Come potrete ben immaginare, la quaestio iuris è la seguente: il pignoramento si estende pure alle somme pervenute all'istituto di credito in data successiva al pignoramento?
A mio umile parere, in attesa di vostri lumi e di poter più apiamente riflettere sulla questione, pare potersi propendere - così, di primo acchito - per l'ipotesi positiva e ciò sulla base del rilievo che il pignoramento presso terzi, diversamente dalle altre forme di esecuzione previste dal codice di rito, si fonda sulla dicotomia "pignoramento - dichiarazione ex art. 547 c.p.c.".
Ebbene, tenendo a mente questa dualità di fasi, alla lettura dell'art. 547 c.p.c. non posso fare a meno di notare che il legislatore richiede al terzo di dichiarare "di quali somme è debitore" e non, viceversa, "di quali somme era debitore al momento del pignoramento".
Il rilievo non mi sembra di poco momento, specie laddove si consideri il chiaro favor creditoris che permea la giurisprudenza di legittimità in tema di esecuzione.
Tale indizio, unitamente alla considerazione che il terzo, divenendo custode ex art. 546 c.p.c., riveste il ruolo di vero e proprio ausiliare del giudice (ex art. 65 c.p.c.), mi porta a pensare che - in un'ottica di interpretazione sistematica - gli incrementi del credito pignorato successivi all'atto di pignoramento presso terzi siano anch'essi sottoposti a pignoramento.
Sperando sia apprezzata la mia buona volontà ed augurandomi di non aver scritto - nella fretta di sottoporvi la questione - qualche scemenza, resto in attesa di vostri lumi.

D.

domenica 8 marzo 2009

Si comincia!

Salve a tutti!!! Grazie al preziosissimo contributo del Genio di Carlo, abbiamo finalmente un luogo dove svolgere le nostre argomentazioni giuridiche, tale che tutti i partecipanti possano leggere ciò che scrivono gli altri! Nella speranza di avervi fatto cosa gradita e, soprattutto, nella speranza possa derivarne a tutti un'utilità reciproca, vi invito a contribuire liberamente all'iniziativa! Buon divertimento e grazie a tutti!