mercoledì 17 novembre 2010

Usucapione abbreviata in virtù della donazione di un bene altrui e l'azione di reintegrazione del detentore qualificato

Cari Amici,

mi stravio dallo studio e vi scrivo il seguente caso.

Nel 1995, Caia dona alla figlia Tizia un terreno agricolo. Tizia, da sempre dotata di pollice verde, inizia a coltivare il fondo e dimora abitualmente presso la fattoria ivi sita che, inoltre, restaura a proprie spese. Nel 2009, Tizia, causa l'avanzata senilità e la diagnosi di un male incurabile, decide di ritirarsi in città per trascorrere i suoi ultimi giorni. Affitta quindi il fondo al suo caro amico Poldo, affinché questi lo coltivi a suo piacimento e ne tragga i frutti. Di tale operazione, peraltro, non esiste traccia alcuna essendo il tutto avvenuto previo consenso verbale. Poldo comincia quindi un'attività di viticoltura, contabilmente documentabile. Tizia, inoltre, per seguire la tradizione di famiglia, redige un atto di donazione del fondo a Sempronia, una delle sue tre figlie. Una clausola prevede che il godimento del fondo decorrerà a favore di Sempronia dalla data della notifica a Tizia ovvero ai suoi eredi dell'accettazione della donazione.

Nel 2010, Mevio comunica a Tizia di essere lui il vero proprietario del bene; contestualmente, per impedire l'accesso a Poldo, provvede a recintare con filo spinato il fondo agricolo e vi installa un cancello con lucchetto. Tizia, a seguito di indagini, scopre che il fondo a lei donato risultava effettivamente di proprietà di Mevio; tale circostanza, peraltro, non era da lei facilmente conoscibile al momento della donazione.

Cosa potrà fare Tizia? Cosa potrà fare Poldo? Cosa potrà fare Sempronia?

  1. La donazione di beni altrui e l'usucapione abbreviata.

La donazione di beni altrui è fattispecie non codificata dall'ordinamento. Tuttavia, è possibile interpretare estensivamente l'ipotesi di cui all'art. 771 c.c. concernente la donazione di beni futuri. Tale previsione, infatti, stabilisce che la donazione non può comprendere che i beni presenti nella disponibilità patrimoniale del donante. E' invece nulla se comprende beni futuri.

Ciò premesso, l'art. 1159 c.c. disciplina l'ipotesi di usucapione abbreviata stabilendo che questa si compie decorsi 10 anni dall'acquisto del possesso in buona fede a non domino, ove l'acquisto sia avvenuto in forza di titolo idoneo al trasferimento del diritto e debitamente trascritto.

Resta quindi da chiarire se la donazione di beni altrui costituisca “titolo idoneo” al trasferimento del diritto.

Cass. 10356/2009: la donazione dispositiva di un bene altrui, benché non espressamente disciplinata, deve ritenersi nulla alla luce della disciplina complessiva della donazione e, in particolare, dell'art. 771 c.c., poiché il divieto di donazione dei beni futuri ricomprende tutti gli atti perfezionati prima che il loro oggetto entri a comporre il patrimonio del donante; tale donazione, tuttavia, è idonea ai fini dell'usucapione decennale prevista dall'art. 1159 c.c., poiché il requisito, richiesto da questa norma, dell'esistenza di un titolo che legittimi l'acquisto della proprietà o di altro diritto reale di godimento, che sia stato debitamente trascritto, deve essere inteso nel senso che il titolo, tenuto conto della sostanza e della forma del negozio, deve essere suscettibile in astratto, e non in concreto, di determinare il trasferimento del diritto reale, ossia che l'acquisto del diritto si sarebbe senz'altro verificato se l'alienante ne fosse stato titolare.

(si veda anche, però, Cass. 1596/2001: la donazione di beni altrui non può essere ricompresa nella donazione di beni futuri, nulla ex art. 771 c.c., ma è semplicemente inefficace e, tuttavia, idonea ai fini dell'usucapione abbreviata ex art. 1159 c.c.).

Alla luce di tale elaborazione giurisprudenziale, attesa la buona fede di Tizia nel ricevimento del terreno, considerato il protrarsi del possesso in modo continuato, ininterrotto, pacifico e pubblico per oltre un decennio, appurato che la donazione è stata debitamente trascritta, l'usucapione abbreviata deve ritenersi perfezionata in favore di Tizia.

  1. La tutela di Poldo

Poldo, nella qualità di affittuario del terreno, pur in assenza di un contratto scritto, risulta comunque detentore qualificato del fondo agricolo. E' legittimato, pertanto, all'esercizio dell'azione di reintegrazione di cui all'art. 1168 c.c.

Cass. 12751/2008: in tema di spoglio violento e clandestino, il detentore che agisce, ex art. 1168, comma secondo, c.c., per la reintegra, può fornire prova del titolo anche presunzioni, non essendo in discussione la validità e gli effetti del vincolo che giustifica la detenzione qualificata ma esclusivamente il fatto storico dell'esistenza del corrispondente potere di fatto sulla cosa.

Nel caso di specie, Poldo può provare l'esistenza dell'attività di viticoltura attraverso la relativa documentazione contabile.

Cass. 13270/2009: in tema di possesso, è passibile di azione di reintegrazione ex art. 1168 colui che, consapevole di un possesso in atto da un altro soggetto, anche se ritenuto indebito, sovverta clandestinamente o violentemente, a proprio vantaggio, la signoria di fatto sul bene nel convincimento di operare nell'esercizio di un proprio diritto reale, essendo, in tal caso, l'animus spoliandi in re ipsa, e non potendo legittimamente invocarsi il principio di autotutela che opera solo in continenti, vale a dire nell'immediatezza di un subito e illegittimo attacco al proprio possesso.

  1. L'interesse di Sempronia

Sempronia è giovane ed inesperta. La madre Tizia, invece, ha un piede nella fossa. Un buon avvocato dovrebbe sicuramente consigliarle di affrettarsi a notificare a Tizia l'accettazione della donazione.

Cass. 10734/2010: la previsione, contenuta nell'atto con il quale il donante dispone di un bene, che l'accettazione da parte del donatario possa avvenire dopo la morte del disponente, non vale a consentire che la donazione si perfezioni dopo il decesso di costui, poiché in tale ipotesi, ove non sia ancora avvenuta la notifica dell'accettazione, non può aver luogo l'incontro delle volontà mediante il quale si realizza il perfezionamento dell'atto.
spero sia tutto giusto!
a presto
diego


lunedì 15 novembre 2010

Responabilità medica e gravi malformazioni del neonato

Cari Amici,

incoraggiato dal sollecito di Sabrina, Vi posto una complessa questioncina che raccoglie molteplici profili di riflessione e trova soluzione in almeno quattro/cinque sentenze fresche fresche.

I coniugi Caia e Tizio si recano presso Sempronio, il medico ginecologo di fiducia di Caia, per esperire un tentativo di fecondazione assistita. A tal fine, il medico suggerisce ai coniugi di recarsi presso la struttura ospedaliera Alfa, struttura da Sempronio utilizzata episodicamente per interventi. A seguito di alcune visite effettuate da Sempronio presso l'ospedale Alfa, Sempronio prescrive a Caia una terapia farmacologica; questa accetta senza peraltro essere edotta circa i particolari della cura prescritta. Caia rimane incinta. Seguono alcune visite di controllo ed ecografie, svolte da Sempronio con l'utilizzo del personale medico dell'ospedale Alfa, dalle quali non emergono anomalie. Al momento del parto, dopo un ricovero di Caia di una settimana presso Alfa, nasce un figlio focomelico. Successivamente, dalle indagini effettuate dai coniugi, si scopre che esisteva vasta letteratura medica che descriveva accuratamente gli effetti indesiderati che i farmaci somministrati a Caia potevano causare al concepito.

La fattispecie in esame presta il fianco ad innumerevoli considerazioni in ordine alla responsabilità dell'ente ospedaliero e ai rimedi esperibili da Caia. Meritano approfondimento, inoltre, i diritti che sorgono in capo al padre e la soggettività giuridica del nascituro.


1) Responsabilità dell'ente ospedaliero.

Cass. 18805/2009: ove l'istituto ospedaliero autorizzi un chirurgo o un medico ad operare al suo interno, mettendogli a disposizione le sue attrezzature e la sua organizzazione, e con esso cooperi, concludendo con il paziente un contratto di degenza e le prestazioni accessorie, esso viene ad assumere contrattualmente rispetto al paziente la posizione e le responsabilità tipiche dell'impresa erogatrice del complesso di prestazioni sanitarie. A nulla rileva che il paziente sia pervenuto all'ospedale attraverso il medico e per sua indicazione e, invero, il medico non avrebbe potuto operare se non nell'ambito dell'organizzazione ospedaliera. Accettandone l'attività, la casa di cura ha assunto le conseguenze della responsabilità.


2) Responsabilità professionale per mancata informazione.

Cass. 2847/2010: l'intervento del medico, anche in funzione diagnostica, dà comunque luogo all'instaurazione di un rapporto di tipo contrattuale. Ne consegue che, effettuata la diagnosi in esecuzione del contratto, l'illustrazione al paziente delle conseguenze della terapia costituisce un'obbligazione il cui adempimento deve essere provato dalla parte che l'altra affermi inadempiente e, dunque, dal medico a fronte dell'allegazione dell'inadempimento da parte del paziente. L'omessa informazione viola il diritto all'autodeterminazione del paziente. Tale diritto rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell'individuo e un mezzo per il perseguimento dei suoi migliori interessi, che si sostanzia non solo nella facoltà di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma altresì di eventualmente rifiutare la terapia e decidere consapevolmente di interromperla. Secondo la definizione della Corte Costituzionale (sent. 438/2008), il consenso informato si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi negli artt. 2, 13 e 32 Cost. Ne deriva che la mancanza di consenso può assumere rilievo ai fini risarcitori quante volte siano configurabili conseguenze pregiudizievoli che siano derivate dalla violazione del diritto fondamentale di autodeterminazione in se stesso considerato.


3) Responsabilità del medico nell'esercizio della professione.

La diligenza qualificata del medico deve valutarsi secondo il combinato disposto dell'art. 1176, comma secondo, c.c e 2236 c.c., atteso che il medico è un prestatore d'opera intellettuale.

L'esistenza di “vasta letteratura” che illustrava le conseguenze della terapia ci porta ad escludere che la prestazione del medico coinvolgesse problematiche tecniche di particolare complessità.

Cass. 20806/2009: se la prestazione professionale è di routine spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze sono state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale, o da imperizia, o da inesperienza o inabilità, dimostrando invece che sono sorte a causa di un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico-scientifiche del momento.


4) Mancata interruzione della gravidanza.

Cass. 13/2010: l'omessa rilevazione, da parte del medico specialista, della presenza di gravi malformazioni nel feto, e la correlativa mancata comunicazione di tale dato alla gestante, deve ritenersi circostanza idonea a porsi in rapporto di causalità con il mancato esercizio, da parte della donna, della facoltà di interrompere la gravidanza, in quanto deve ritenersi rispondente ad un criterio di regolarità causale che la donna, ove adeguatamente e tempestivamente indormata della presenza di una malformazione atta ad incidere sulla estrinsecazione della personalità del nascituro, preferisca non portare a termine la gravidanza.

Cass. 2354/2010: per stabilire se i danni risarcibili sono conseguenza dell'inadempimento all'obbligo della completa informazione da parte del medico, è necessario che il giudice del merito accerti ex ante se la conoscibilità delle rilevanti anomalie e malformazioni del feto avrebbe determinato un grave pericolo della lesione del diritto alla salute della madre, avuto riguardo alle condizioni concrete fisiopsichiche patologiche della stessa, così da determinare i presupposti per attuare la tutela di tale interesse consentendo alla madre di interrompere la gravidanza. Solo nella concomitanza di tali condizioni possono essere risarciti i danni ingiusti che sono derivati, in termini di causalità adeguata, dalla lesione degli interessi tutelati dalla legge sull'interruzione volontaria della gravidanza.


5) Diritti del padre.

Cass. 13/2010: trattasi di contratto di prestazione d'opera professionale con effetti protettivi anche nei confronti del padre del concepito che, per effetto dell'attività professionale del ginecologo diventa o non diventa padre (o diventa padre di un bambino anormale). Il danno provocato da inadempimento del sanitario costituisce conseguenza immediata e diretta anche nei suoi confronti e, come tale, è risarcibile ex art. 1223 c.c.

Cass. 2354/2010: Al padre, terzo del contratto intercorso tra la madre del figlio gravemente malformato ed il medico, ma obbligato alla pari di essa nei confronti del figlio, sono direttamente risarcibili i danni provocati dall'inadempimento del medico all'obbligo di informare la madre sullo stato di salute del feto e di individuare e suggerire tutti gli strumenti diagnostici idonei a tal fine.


6) Soggettività giuridica del nascituro.

Cass. 10741/2009: per soggettività giuridica del nascituro deve intendersi una nozione più ampia di quella di capacità giuridica della persona fisica, acquistabile con la nascita ex art. 1 c.c.

Il nascituro risulta comunque dotato di autonoma soggettività giuridica perchè titolare di alcuni interessi personali in via diretta, quali il diritto alla vita, alla salute, all'integrità psico-fisica, all'onore, alla reputazione, all'identità personale ecc. Rispetto a questi diritti, la nascita è condizione imprescindibile per la loro azionabilità in giudizio ai fini risarcitori.