martedì 29 giugno 2010

Il periodo di prova misurato in "giorni di effettivo servizio"

Cari Amici,
oggi mi avventuro nel mondo del diritto del lavoro.
La Società Alfa assume Tizio quale proprio dipendente (nella specie: programmatore informatico).
Il contratto prevede un periodo di prova di giorni 130 di effettivo servizio (armonico con il CCNL di riferimento).
Insoddisfatta della resa di Tizio, Alfa comunica dichiarazione di licenziamento in periodo di prova.
Tizio eccepisce, calendario alla mano, che il periodo di prova è oramai trascorso, sicché, come da CCNL la società deve motivare il licenziamento (cosa che non ha fatto) e deve pure corrispondere il dovuto preavviso.
Alfa evidenzia che Tizio lavorava 5 giorni alla settimana e che, poiché il periodo di prova prevedeva di conteggiarla in giorni di "servizio effettivo", il periodo di prova non era ancora scaduto al momento del licenziamento.
Tizio, dal canto suo, ritiene che anche il sabato e la domenica debbano essere conteggiati.


Ebbene, Cassazione insegna che mentre nel periodo di prova di cd. "servizio effettivo" non vanno conteggiate le ferie e la malattia, vanno in esso conteggiati i riposi settimanali in quanto "connaturati all'attività lavorativa".
Pronuncia tutto sommato comprensibile, il riposo ogni sette giorni è tutela assoluta e giusta della fatica del lavoratore e, se vogliamo parte stessa del lavoro del dipendente.

Ma nel mio caso?
Che dire del sabato?
Personalmente ritengo che, anche volendo conteggiare la domenica, i sabati non possano essere conteggiati nel cd. "servizio effettivo", in quanto agli stessi non è riconosciuta la funzione di "fisiologico riposto" ricompreso nell'attività lavorativa.
(pensate che, tolte le ferie e la malattia, Alfa è ancora fuori, tolti anche i sabati, torna in ballo di 2 soli giorni!).

Che dite? Pare logico?

D.

conversione di concordato preventivo in fallimento: calcolo interessi

Cari, Vi riporto di seguito l'esito di una ricerchetta che ho fatto questa mattina, nella speranza che possa agevolarVi laddove Vi doveste trovare nel medesimo dubbio.
L'incertezza era la seguente: revoca del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo e contestuale dichiarazione di fallimento della società Alfa. Nell'insinuazione al passivo predisposta nell'interesse della creditrice Beta, gli interessi maturano dalle singole scadenze sino alla data di apertura del concordato preventivo ovvero, in quanto revocato, maturano sino alla data di apertura del fallimento?
La risposta è la seguente: la sospensione degli interessi sui crediti chirografari dalla data di presentazione della proposta di concordato preventivo ha luogo anche nei casi di in cui il concordato preventivo venga convertito in fallimento poichè, in base al principio dell'unitarietà dei procedimenti concorsuali consecutivi, gli effetti del primo procedimento continuano a prodursi nel secondo. Tale regola vale, però, solo laddove la revoca del concordato non avvenga per inammissibilità della domanda di concordato perchè, in questo caso, non si verifica una consecuzione di procedure.
E' sempre bello imparare una nuova regola.
Buona giornata e buon lavoro.
Diego

giovedì 24 giugno 2010

interessi in procedura concorsuale

Carissimi,
una questioncina tecnica apparentemente facile ma che mi lascia un dubbioso dubbio...
La società Alfa ottiene decreto ingiuntivo per crediti derivanti da fornitura di merci nei confronti di Beta. Il decreto ingiuntivo, oltre alla somma in sorte capitale, intima a Beta di pagare gli interessi moratori, calcolati ex art. 5 D.Lgs. 231/02, maturati dalle singole scadenze delle fatture sino al saldo effettivo. Al decreto ingiuntivo viene poi apposta la formula esecutiva. Successivamente, Beta fallisce. Alfa si insinua ovviamente al passivo fallimentare. Come sapete, però, sebbene molti curatori negligentemente non se ne accorgano, l'art. 1 del D.Lgs. 231/02 eslcude espressamente l'applicazione degli interessi moratori per transazioni commerciali alle procedure concorsuali. E' quindi corretto applicare il più basso tasso legale. Dubbio è il seguente: il tasso legale decorre dalle singole scadenze sino al saldo effettivo, ovvero decorre dall'emissione del decreto ingiuntivo, oppure ancora dal momento in cui il decreto è divenuto titolo esecutivo con l'apposizione della formula esecutiva e, sino a queste date, invece, si applica correttamente il tasso più elevato ex D.Lgs. 231/02??
Infinite grazie.
diego

mercoledì 16 giugno 2010

notificazione della cessione del credito a debitore ceduto

Carissimi,
l'art. 145 cpc prevede la possibilità di notificare anche alla persona fisica che rappresenta l'ente qualora nell'atto da notificare sia indicata la qualifica della persona e la sua residenza.
Poniamo che la società debitrice Alfa S.r.l. non sia più reperibile presso la sua sede legale mentre l'Amministratore Unico di Alfa S.r.l. sia reperibile presso residenza conosciuta. Poniamo che sia intervenuta una cessione del credito ed il cedente abbia interesse a notificare tale cessione alla debitrice ceduta Alfa S.r.l., a norma dell'art. 1264, comma primo, c.c.
Ai fini dello spiegamento degli effetti della cessione nei confronti del debitore ceduto, ritenete possibile applicare l'art. 145 cpc e notificare, quindi, alla sede dell'amministratore unico di Alfa?
L'art. 145 cpc parla invero di atti. La comunicazione dell'intervenuta cessione di un credito può essere ricompresa in tale fattispecie?
grazie!
diego.

mercoledì 9 giugno 2010

Morte del conduttore nel contratto di locazione ad uso abitativo

Carissimi,

mi trovo di fronte alla situazione nella quale il conduttore di un immobile concesso in locazione ad uso abitativo è defunto.

Lascia 3 figlie, nessuna delle due conviventi.

Ora, sappiamo che l'art. 6 della legge sulle locazioni asserisce che vi è successione nel contratto solo se vi sono eredi conviventi (o la convivente more uxorio).

La giurisprudenza ritiene che questo articolo disciplini ex novo la materia della morte del conduttore, sicchè non si applicherebbe il 1614 c.c., implicitamente abrogato.

Mi chiedo allora, che debbono fare gli eredi.
Semplicemente liberare l'immobile per intervenuta estinzione del contratto?
E, se sì, che fine fa il deposito cauzionale di 3 mensilità che era stato pattuito e corrisposto?

La questione, amici, riveste carattere personale.

Attendo lumi.

D.

recupero canoni di locazione

Cari, vorrei solo una conferma circa le possibili opzioni da intentare per un recupero crediti derivante da canoni di locazione.

1. ricorso per decreto ingiuntivo:
- i canoni devono essere ex art. 633 cpc liquidi, certi ed esigibili.

2. intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione ex art. 657 cpc con contestuale richiesta di ingiunzione per i canoni scaduti:
- per ammettersi lo sfratto per finita locazione si presuppone che, se la locazione è a tempo determinato, sia stata data tempestiva disdetta (art. 1597 c.c.).

3. Azione ordinaria: ai sensi dell’art. 447bis cpc la citazione si promuove, ex art. 414 cpc nella forma del ricorso.
- ne deriva che l’opposizione al decreto ingiuntivo sarà promossa dall’opponente con ricorso in opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 414 cpc mentre il convenuto opposto si costituirà con memoria ex art. 416 cpc.

tra l'ipotesi 1. e la 2., considerando che l'obbiettivo principe non è tanto liberare il locale quanto incamerare il credito e dare impulso all'azione esecutiva, qual è secondo Voi la strada PIU' VELOCE per conseguire il risultato?
Da ricordare che il decreto ingiuntivo sarebbe verosimilmente emesso con provvisoria esecutività, visto che il debitore ha espressamente riconosciuto per iscritto il debito.
Grazie.
diego