mercoledì 25 marzo 2009

Nomina degli arbitri nel silenzio della clausola arbitrale

Carissimi, nuova quaestio iuris...
Tizio, imprenditore individuale, stipula con la Società X una contratto di appalto. Nel contratto compare la solita, dannatissima, clausola arbitrale.
Naturalmente la Società X non paga quanto dovuto a Tizio.
Tizio, pertanto, intende adire le vie di giustizia. La presenza della clausola arbitrale preclude il ricorso alle vie monitore e, pertanto, il buon D. si appresta a redigere l'atto di nomina dell'arbitro. Giunge quindi all'esame della venefica clausola arbitrale, la quale si presenta del seguente tenore: "Tutte le controversie concernenti l'esecuzione, interpretazione...etc...del presente contratto, andranno decise da tre arbitri, nominati ai sensi degli artt. 806 e seguenti del c.p.c., gli arbitri decideranno.....".
Ecco il nodo: se consulto il codice di rito noto che l'art. 810 c.p.c. esordisce con "quando a norma della convenzione di arbitrato gli arbitri devono essere nominati dalle parti...etc". Nella mia clausola, tuttavia, tale volontà non risulta esplicitata. Osservando l'art. 809 c.p.c. noto che il codice pone dei rimedi allorquando la clausola non preveda il numero degli arbitri o li preveda in numero pari. Quid iuris quando prevede il numero ma non il modo in cui nominarli? E soprattutto...siamo veramente sicuri che la clausola non preveda le modalità di nomina o posso desumerle comunque?
Applicherò analogicamente l'art. 809 c.p.c. (il presidente del Tribunale nomina tutti gli arbitri) o sosterrò un generale principio di nomina personale degli arbitri sulla scorta del fatto che non avrebbe senso, per due soggetti che intendono sottrarsi al giudice naturale, dover ricorrere alla nomina presidenziale se non nei casi espressamente stabiliti? O ancora interpreterò la clausola nel senso che le parti hanno inteso riferirsi al procedimento di nomina per eccellenza, ossia quello descritto all'art. 810 c.p.c., sotto la rubrica legis "Nomina degli arbitri?"

giovedì 19 marzo 2009

contratto di opzione di rivendita di azioni non quotate

Egregi colleghi buonasera.
La questione su cui oggi mi sto scervellando è particolarmente piacevole e si offre a molteplici interpretazioni. Allora, un bel giorno Tizio, amministratore della Società Beta, vende alla Società X un tot. di azioni della società beta. Tizio, nello specifico, vende un diritto di opzione di rivendita delle stesse, da esercitarsi entro un periodo prefissato (opzione americana), ad un prezzo strike prestabilito di 2mln e rotti €. L'opzione di rivendita è da esercitarsi solo nei confronti di Tizio stess. Nel frattempo, tuttavia, si verifica una drastica riduzione del capitale sociale della società Beta (una riduzione dell'85% del capitale sociale). La Società X, entro la data prefissata, esercita il proprio diritto e fa una put option a Tizio al prezzo prefissato che è del 10% più alto del prezzo di acquisto originario.
Problema: Tizio, dopo la riduzione, ha un valore insignificante di azioni in mano, mentre la Società x gli chiede il valore originario delle azioni comprate quando ancora il capitale era intatto, maggiorato del 10%.
Ne deriva che Tizio non vuole assolutamente pagare.
Problema: può una drastica riduzione del capitale sociale interferire sul quantum prefissato in un contratto di opzione di rivendita di azioni????
Ho già appurato che, per quanto verosimile, il tasso del 10% non rientra in un tasso di usura.
Ora cerco di percorre la strada dell'eccessiva onerosità sopravvenuta. Sto consultando, a tal fine, gli ultimi tre bilanci per cercare di dimostrare che l'andamento ottimo della società è stato interrotto da un fatto straordinario ed imprevedibile quale la riduzione del capitale sociale. ma barcolla... perchè Tizio è amministratore della società Beta... e quindi dovrebbe essere in grado di prevedere l'andamento della stessa...
Sento che può esserci una soluzione nell'art. 1503c.c. ma ancora sono lontano.
Vi auguro una buona serata,
Diego

giovedì 12 marzo 2009

contratto di vendita del diritto di opzione

carissimi buongiorno. ho un urgenza. devo in fretta redigere un contratto di vendita di diritto di opzione del socio. ne avete mai visti? sapete dirmi dove trovare un modello? scrittura privata o atto pubblico..nulla trovo io qui in studio.. Ringrazio anticipatamente

martedì 10 marzo 2009

Fornitura di energia elettrica

Egregi colleghi, perdonatemi, ma io mi permetto di riproporre il mio quesito già abozzatovi in giovial contesto!
PREMESSE: Dunque, la dir. 2003/54/CE ha stabilito norme comuni per generazione, distribuzione e fornitura dell’energia elettrica. Obiettivo della dir. è il raggiungimento della completa liberalizzazione del mercato dell’energia. Il cliente finale, quindi, può selezionare liberamente l’operatore che distribuisca energia elettrica alle condizioni più vantaggiose e convenienti.
In attuazione di tale direttiva, l’art. 1 della L. 3 agosto 2007, n. 125, prevede che, a decorrere dal 1° luglio 2007, l’attività di distribuzione di energia elettrica sia svolta in regime di separazione societaria rispetto all’attività di vendita. Dal 1° luglio 2007, pertanto, ai sensi dell’art. 2, “i clienti finali domestici hanno diritto di recedere dal preesistente contratto di fornitura di energia elettrica come clienti vincolati (...) e di scegliere un fornitore diverso dal proprio distributore. In mancanza di tale scelta, l’erogazione del servizio per i clienti finali non riforniti sul mercato libero è garantito dall’impresa di distribuzione, anche attraverso apposite società di vendita, e la funzione di approvvigionamento continua ad essere svolta dall’Acquirente Unico S.p.A.”.
Nello specifico, l’acquirente unico spa indice dei bandi per selezionare le apposite società. I vincitori sono per il periodo 1 maggio 2008 - 31 dicembre 2008 -> Exergia S.p.A. (per tutto il nord italia). Dal 1 gennaio 09 al 31 dicembre 2010 è Enel Energia S.p.A.
FATTISPECIE CONCRETA: Il cliente finale in esame non ha pagato le fatture emesse da Exergia. Exergia gliele emette tutte in un colpo in costanza di nuovo rapporto con Enel (quindi post 1 genn 09).
PROBLEMA: tra il cliente finale e Exergia ovvero Enel Energia, interviene una cessione ex lege ovvero un nuovo contratto?
La diversa interpretazione ha un rilievo non indifferente. Se infatti si suppone l’intervenuta cessione ex lege, il terzo cessionario assumerà rispetto all’altro contraente, il contraente ceduto, la medesima posizione già occupata dal cedente. Con ciò si ammetterebbe che Enel subentra ad Exergia in ogni situazione attiva e passiva della precedente. Ne deriva che Enel può vantare crediti di Exergia nei confronti del cliente finale e può, volendo, sospendere l’erogazione del servizio.
Supponendo, al contrario, l’esistenza di nuovi contratti separati (ipotesi avvalorata dalla restituzione del deposito cauzionale all’estinzione di ogni rapporto), si concluderebbe nel senso che l’attuale fornitore non può vantare crediti nei confronti del fornitore precedente. Quindi non è ammissibile l’eventuale sospensione dell’erogazione del servizio.
Carletto obietta che il rapporto non deve intendersi come una linea retta (Exergia-Enel) in cui i fornitori sono sostituiti ex lege ed il contratto è automaticamente ceduto tra di loro ma, al contrario, come un rapporto trilatero, al cui vertice c’è l’acquirente unico. Specifico: il contratto non sarebbe ceduto da Exergia ad Enel, bensì, scaduto il termine per l’erogazione da parte di Exergia, il contratto “tornerebbe” all’acquirente unico che, previo esperimento di nuova gara, lo cederebbe al nuovo fornitore, Enel.
Di fatto l’inquadramento dell’ipotesi Carliana trilatera è corretto a mio avviso, però pur sempre si parla di cessione del contratto ex lege (dove l’ex lege è appunto l’esperimento della gara in attuazione della direttiva), non, invece, di nuovo contratto tra fornitore e cliente finale. Ricordo a tutti che il deposito cauzionale viene restituito al termine della fornitura. Resta aperto il problema, di non poco conto a mio avviso, visto che la possibile rivalsa dell’attuale fornitore sul cliente finale, è prevista in termini di sospensione dell’erogazione dell’elettricità.
A presto carissimi.
diego

Pignoramento presso istituto di credito - bonifici successivi al pignoramento

Carissimi amici,
prendendo il coraggio a due mani e proseguendo sulla pubblica piazza mediatica la tradizione già inaugurata con il carissimo Diego, inauguro il volto più prettamente tecnico del blog, proponendovi una questione che ritengo di un certo interesse.
Come evincibile dell'epigrafe del post, si verte in tema di procedimento esecutivo presso terzi.
L'ipotesi controversa è quella in cui l'istituto di credito terzo pignorato, nella dichiarazione ex art. 547 c.p.c., comunichi:
a) che al momento della notifica del pignoramento non v'era posizione debitoria del terzo verso l'esecutato;
b) che, tuttavia, in un momento successivo sono itervenuti dei bonifici tali da far insorgere un debito nei confronti dell'esecutato.
Come potrete ben immaginare, la quaestio iuris è la seguente: il pignoramento si estende pure alle somme pervenute all'istituto di credito in data successiva al pignoramento?
A mio umile parere, in attesa di vostri lumi e di poter più apiamente riflettere sulla questione, pare potersi propendere - così, di primo acchito - per l'ipotesi positiva e ciò sulla base del rilievo che il pignoramento presso terzi, diversamente dalle altre forme di esecuzione previste dal codice di rito, si fonda sulla dicotomia "pignoramento - dichiarazione ex art. 547 c.p.c.".
Ebbene, tenendo a mente questa dualità di fasi, alla lettura dell'art. 547 c.p.c. non posso fare a meno di notare che il legislatore richiede al terzo di dichiarare "di quali somme è debitore" e non, viceversa, "di quali somme era debitore al momento del pignoramento".
Il rilievo non mi sembra di poco momento, specie laddove si consideri il chiaro favor creditoris che permea la giurisprudenza di legittimità in tema di esecuzione.
Tale indizio, unitamente alla considerazione che il terzo, divenendo custode ex art. 546 c.p.c., riveste il ruolo di vero e proprio ausiliare del giudice (ex art. 65 c.p.c.), mi porta a pensare che - in un'ottica di interpretazione sistematica - gli incrementi del credito pignorato successivi all'atto di pignoramento presso terzi siano anch'essi sottoposti a pignoramento.
Sperando sia apprezzata la mia buona volontà ed augurandomi di non aver scritto - nella fretta di sottoporvi la questione - qualche scemenza, resto in attesa di vostri lumi.

D.

domenica 8 marzo 2009

Si comincia!

Salve a tutti!!! Grazie al preziosissimo contributo del Genio di Carlo, abbiamo finalmente un luogo dove svolgere le nostre argomentazioni giuridiche, tale che tutti i partecipanti possano leggere ciò che scrivono gli altri! Nella speranza di avervi fatto cosa gradita e, soprattutto, nella speranza possa derivarne a tutti un'utilità reciproca, vi invito a contribuire liberamente all'iniziativa! Buon divertimento e grazie a tutti!